L'approfondimento

Sonnambuli e rassegnati, ai nostri giovani non resta che la fuga

Alessandra Peluso

La maggior parte dei giovani non vede futuro, scappa via, la popolazione ha paura, teme nuovi conflitti mondiali e l’insorgere di epidemie. Vive in una società in crisi, vecchia, con un’alta densità criminale

Dopo un ventennio di «vacche grasse» a suon di teatrini e barzellette si è giunti a un periodo di «vacche magre» che tra epidemie, tecnicismi e inconsulti giochi di potere ha divorato la restante Italia (il riferimento alle «vacche» è ripreso dalla Genesi). Così ci troviamo a contare i danni, a far guerra sulle briciole e a non contare nulla o quasi su ciò che dovrebbe appartenerci: il nostro Paese, il controllo sul mare, il Mediterraneo. (Ne vedrete delle belle!).

Il primo del mese di dicembre, il Censis, Istituto di Ricerca Socio-economico Italiano ha reso manifesto con il 57o Rapporto la drammatica realtà: crisi demografica, sonnambulismo, rassegnazione. La maggior parte dei giovani non vede futuro, scappa via, la popolazione ha paura, teme nuovi conflitti mondiali e l’insorgere di epidemie. Vive in una società in crisi, vecchia, con un’alta densità criminale soprattutto in alcune città o regioni, vive la paura dello straniero, non ha un lavoro. In seguito alla pubblicazione dei dati a dir poco allarmanti i maggiori quotidiani italiani hanno commentato e diffuso la notizia, alcuni hanno ripreso il romanzo di Hermann Broch enfatizzando il tragico esito. C’è chi invece, come il sociologo Giuseppe De Rita ha evidenziato su «il Corriere della Sera» il Paese che va. E dunque, che si fa? Qualcuno se lo sarà chiesto? Si continuerà a vivere narcotizzati tra paillettes e lustrini, tra discussioni rumorose, alla ricerca di farmaci per somatizzare un’esistenza instabile? Che soluzioni si cercheranno?

Innanzitutto, sembra opportuno ammettere che tale situazione persista da anni, da una ventina all’incirca: a fine percorso scolastico ricordo la maggior parte degli insegnanti (mi riferisco alla realtà salentina) diceva di andare via, di lasciare il proprio paese, perché qui non avrebbero trovato nulla, o si proponeva alla maggior parte delle giovani donne la domanda di insegnamento per l’infanzia che con il solo diploma magistrale garantiva, come adesso «il sostegno», un porto sicuro. Il cosiddetto stipendio fisso. La consueta espressione che si replicava e che purtroppo si ripete quasi fosse un mantra in molte scuole da insegnanti che invitano i propri alunni a lasciare il luogo di origine per cercare lavoro. Ragazzi rassegnati e stanchi di una politica dalle facili promesse mai mantenute. Un sistema burocratico che non aiuta, un sistema politico di reti talmente intrecciate che - se provi a entrarci - soffochi, e non parliamo di altre reti. Termine che non prediligo, fa pensare alle reti a strascico dei pescatori… e del sistema clientelare universitario!?! Di fronte a tutto questo voi non sareste rassegnati? Voi non scappereste? Oppure cadreste in depressione, oppure un’altra soluzione più faticosa ma possibile: lottereste. Se si fosse insieme a «lottare» qualcosa chissà cambierebbe.

Penso, con il nodo in gola, a tutti quei ragazzi e ragazze che guardavano me docente con occhi rassegnati, avviliti di fronte a un obbligo, non a una scelta, dinanzi a scoramenti di una situazione provocata e voluta dai più. Ora abbiamo un Sud che è in mano a lobby, che si pavoneggia quando vengono i vip: già si pensa ad esempio al faro che si accenderà su ‘Borgo Egnatia’ all’arrivo del «G7 2024». Sarà scintillante più che mai e qualcuno è persuaso dei profitti (voi ci credete?).

Un’Italia e un Sud in declino da ogni aspetto umano, economico, politico, perché poco o nulla funziona correttamente, nel rispetto del buon senso e della legge, perché la correttezza, la giustizia, l’onestà, la sacralità delle parole sono oramai cenere insieme ai valori che taluno crede ancora che appartengano solo a chi è cattolico e non al genere umano in toto. Se la cultura è assente, cari miei, se i valori sono assenti, non si avranno mai presenze significative né «Rapporti Censis» che potranno mostrarci una fotografia con meno oscurità. Vero è che la cittadinanza deve cambiare, non aspettare i politici, ma se esiste il governo, lo Stato e perché esistiamo noi, popolo italiano democratico fondato sulla libertà, uguaglianza e sul lavoro. E dunque?

Sembra che qualcuno si stia accorgendo che le politiche giovanili debbano cambiare, (troppo tardi?), sembra che… in altre parole, evitando catastrofismi né vacui ottimismi gli italiani siano stati desiderati proprio così, «sonnambuli e fragili», atti a preoccuparsi solo della propria sopravvivenza e a lasciarsi distrarre da spettacoli favolistici. Sono lontani gli anni del «bunga bunga» e sembrano anche un miraggio gli anni del pensare critico, del senso di responsabilità, della cultura, del senso di appartenenza, di una partecipazione viva a occhi aperti nella politica. Attenzione però, è confacente ricordarsi che i nostri avi meridionali e italiani tutti, cristiani, ebrei, tutti, non si sono mai rassegnati nemmeno davanti alle macerie dell’amata Patria, e l’hanno resa libera e unita.

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