la riflessione
La rivoluzione delle donne: ecco come affrontare l’escalation di violenza
Ancora violenza sulle donne: un’escalation destinata ad aumentare e con cui imparare a convivere per la transizione culturale in atto.
Siamo soltanto all’inizio di quella che è una vera rivoluzione culturale, non più silente. È un’escalation di violenza che si crea perché le donne stanno finalmente sbocciando, realizzando la propria naturale personalità femminile e nel farlo, aumentano indirettamente il livello del conflitto, in relazioni disfunzionali in cui l’uomo non è abituato a rapporti di equità e rispetto reciproco e non sopporta che le cose possano essere diverse da come lui le interpreta e che possano sottrarsi al suo controllo. Un’idea errata - spesso insidiosa e inconsapevole - di possesso del soggetto/oggetto d’amore, che orienta i propri comportamenti -dapprima amorevoli e protettivi - fino a vere e proprie pretese e rigidità di richieste che egli vede come normali e che invece sono già violenza.
Quali sono i segnali? Innanzi tutto, i toni - perentori, imperativi, accusatori, svilenti, giudicanti, minatori, fino ai modi molesti, pressanti, indagatori o al suo opposto evitanti, silenti, supponenti un abbandono o una minaccia di abbandono. Non è facile decifrare una situazione, poiché spesso le escalation di rabbia si verificano anche in una semplice lite. Ma se a corollario di un momento di irascibilità, nella coppia c’è una continua situazione di tensione che si placa solo a seguito dell’acquiescenza della donna, è probabile che si tratti di una manipolazione psicologica fondata su una minaccia di violenza.
A corredo di questo, spesso il partner che ha una relazione con una persona violenta, può avvertire sensazioni di angoscia, di ansia, di confusione, di apatia che fanno percepire il pericolo anche se non direttamente presente. L’impressione è di essere condizionati da risposte fastidiose, da comportamenti minacciosi, che nulla hanno a che fare con una relazione di amore o di alleanza con il partner.
Qualche uomo protesta e afferma che la narrazione della cronaca attuale sui casi di femminicidio, sia esagerata, spesso non riconoscono il femminicidio, ma solo un comportamento violento da parte di qualche uomo malato o con dei problemi di aggressività generica. Qualcun altro si dichiara infastidito dal fatto che le donne stiano esagerando nel tentativo di ottenere una parità e che così facendo le farebbe apparire aggressive ed esagerate, in quanto la situazione di disparità non dovrebbe essere forzata, ma ottenuta gradualmente.
A molti non è chiaro che il fenomeno a cui stiamo assistendo riguarda una normale presenza sulla scena sociale di giovani (e meno giovani) donne che con naturalezza stanno affermando il proprio essere/esistere da donne, con le proprie diversità e in modo più consapevole.
Non si sta verificando una dichiarazione di guerra all’emancipazione femminile o una competizione tra i generi. Anche se probabilmente, così viene letta, poiché nel modello generalizzato e patriarcale, l’uomo è abituato ad imporsi e ad ottenere consenso invece che ad adattarsi. Evidentemente in una logica di comunicazione assertiva, anche i «no» delle donne iniziano a fare la loro comparsa, accanto ai «non voglio, basta, ecc.». In questo nuovo modello relazionale assertivo e reciproco, si dialoga alla pari per giungere alle scelte condivise, in un’alternanza di silenzio e parola fondato sul rispetto delle parti, che hanno pari dignità, in quanto persone. Un nuovo modo di vivere, in cui la donna sta esprimendo assertivamente sé stessa, e questo ha come fine la propria libertà e il proprio benessere, non la rivendicazione dei diritti, non la competizione tra i sessi, non una guerra per l’emancipazione femminile. La donna è disponibile a dialogare, per esprimere il senso unitario di una relazione che lascia pur sempre libere le individualità di esprimersi e di scegliere.
Quali le precauzioni da adottare per le donne? Rafforzare la propria soggettività, la propria individualità, l’auto centratura, verso un benessere che consente di leggere ciò che accade e di analizzarlo in una dimensione personale, nel rispetto dei propri limiti. Adottare strategie di difesa funzionali che aiutano ad entrare in dialogo con le parti ferite di sé, con le paure, con la sfera affettiva ed emotiva e che consentano di gestire la complessità, con i giusti strumenti e supporti.
Nei social dilagano i post con frasi come «se urla, vattene». Ma la realtà è molto più complessa e non bastano gli slogan. Bisogna tornare a ricostruire la propria individualità, averne cura e proteggerla sempre, siamo soltanto all’inizio di quella che è una vera rivoluzione culturale, non più silente.
Le donne vogliono dei partner al loro fianco, alla pari, mentre in questi ultimi secoli hanno avuto spesso dei padri padroni, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, ma non avevano sufficienti mezzi e strumenti per esprimersi. Ora che possono farlo, vivono spesso in relazioni squilibrate in cui portano il peso di partner immaturi, come bambini da prendere per mano, uomini, analfabeti emotivi e affettivi, irascibili e burberi, o al contrario assenti ed evitanti, spesso meno responsabili delle loro scelte coniugali e famigliari.
Come educare gli uomini? Alcuni commenti attribuiscono le responsabilità del femminicidio ad una mancata educazione affettiva delle madri, accusandole ancora una volta. Pensiamo anche all’educazione come ad un modello che si apprende soprattutto visivamente come nello sport, un modellamento visivo che poi viene affinato con il gioco delle parti. In che modo i bambini possono ispirarsi ai modelli di uomo adulto e maturo? A quale pedagogia dell’amore assistono nella relazione tra l’uomo e la donna nelle proprie famiglie (o non famiglie)? Tra la presenza di modelli aggressivi e non modelli - ovvero di padri assenti o fisicamente, o affettivamente ed emotivamente fragili e mancanti-, è facile comprendere di cosa possa esserci bisogno.
È un fenomeno famigliare? No, non solo. È una situazione di contesto sociale, in cui per anni il sistema delle relazioni ha riprodotto rapporti fondati sul sistema gerarchico competitivo e patriarcale, in cui la lotta al potere ha creato una cultura del possesso ad ogni costo, (e per una questione di reputazione e di valutazione della prestazione - che sta mietendo vittime giovanissime e per la sopravvivenza nel sistema capitalistico) che su larga scala sfocia nell’exploit delle guerre e delle violenze e di massa, assolutamente accettate e ancora politicamente ritenute un modo per prendere decisioni ed effettuare scelte economiche e strategiche.
La violenza di genere è un fenomeno solo maschile? No, ma anni di dominanza maschilista e di sottomissione delle donne, fanno che si che i numeri e le statistiche vedano il femminicidio un fenomeno che crea violenza maschile sulle donne, sia a livello culturale, che psicologico e poi anche fisico.