La riflessione

La sanità dei ricchi e le liste d’attesa ci rendono «sudditi»

Lino Patruno

A un possibile rimedio contro le liste di attesa si è da tempo pensato, anche se a ogni ipotesi c’è sempre chi grida al populismo altrui

Poi dice che uno spara sulla politica (e magari non va più a votare). Io ho bisogno di una colonscopia urgente (devo dire anche che ho sangue nelle feci?). Vado al Policlinico di Bari per prenotare e non voglio sentirmi rispondere che non è possibile prima dell’anno prossimo. Io insomma mi trovo difronte le liste d’attesa, il Muro più muro esistente in Italia. Ma mi trovo difronte anche la più odiosa eterna irrisolta violazione della Costituzione, quella che garantisce la salute ai cittadini ovunque siano nati, quindi (si può dire?) anche al Sud. È vero che le liste d’attesa ci sono pure al Nord. Ma questo mi interessa meno di cosa mangia l’imperatore del Giappone. Io voglio la colonscopia. E non mi fate ripetere perché.

Io voglio la colonscopia in una struttura pubblica perché non posso pagarmela in una privata (come mi hanno graziosamente suggerito, anzi detto papale papale). Finora per risolvere il problema ne hanno proposte più che per far segnare l’attacco del Bari. Ma le liste d’attesa sono ancora lì, e la mia paura anche, ogni volta che mi butto l’occhio. Metteremo un miliardo in più per la sanità, aveva annunciato il governo. Invece non solo la spesa non è aumentata (al pari dei precedenti governi di centrosinistra o di cromatismo vario). Ma se ci fosse, si prevede che se ne andrebbe soprattutto in stipendi per medici e infermieri che già fuggono all’estero. O appunto nel privato, perché privata è ormai quasi al 50 per cento quella celebrata sanità che tutto il mondo ci invidierebbe perché aperta a tutti e senza assicurazione.

Una sanità invece diversa per ricchi e poveri. Una diversamente sanità.

A un possibile rimedio contro le sopradette liste di attesa si è da tempo pensato, anche se a ogni ipotesi c’è sempre chi grida al populismo altrui. Bisognerebbe seguire l’esempio anglosassone: facciamole le cose, poi ne parliamo. Invece si continua a parlare (e a litigare, come giorno fa in Consiglio regionale pugliese) senza fare nulla. Un rimedio riguarda le visite extramoenia dei medici delle strutture pubbliche. Quelle che al Policlinico ti dicono: se vuoi aspettare meno, paghi un tanto e acceleri nello stesso Policlinico che altrimenti ti fa attendere. Come questo miracolo avvenga al solo frusciare dei soldi, avviene solo in Italia (forse grazie alla vicinanza del Vaticano). Parcelle fino a 18 euro a testa al mese, ci sono stati casi. È comunque previsto, quindi.

Previsto quando si è avuto non un sospetto, ma un dubbio. Magari le attese si creano anche (anche) perché i medici che dovrebbero fare gli esami altrimenti rimandati sono impegnati nelle loro visite extra (e a pagamento). Che possa (possa) avvenire ne sono tanto consapevoli le Regioni da aver voluto una disposizione che esse stesse per prime violano. A cominciare dalla Puglia. Prevede che in caso di sforamento dei tempi di attesa dalle Regioni stesse stabiliti, cosa avviene?

Si blocca l’attività cosiddetta libero-professionale, cioè quella extramoenia. Cioè si dice ai medici: per ora fate quella colonscopia fissata per l’anno prossimo. E fate anche una ecocardio o una radiografia al seno per le quali non c’era tempo. Specie se c’è un sospetto oncologico, tanto per capirci. Le visite extra? Poi si vede.

Questo blocco non è mai avvenuto. Neanche per qualche tempo, fosse pure per capire che il rimedio non è quello. Se ne è invece parlato (e litigato) molto. Con l’assicurazione degli interessati (i medici) di massima disponibilità pari alla tenacia con la quale hanno continuato a fare come prima. Ora una vecchia indagine ha accertato che la Puglia è fra le prime in Italia appunto per le liste di attesa. Con 200 mila pazienti che hanno dovuto arrangiarsi chissà come. Nuovi poveri che spesso rinunciano del tutto a curarsi, se non possono fare un mutuo in banca. Sono il 33 per cento al Sud e il 21 per cento al Nord le vittime della «sanità per tutti» ma che ti costringe a pagare. Effetto, oltre tutto il resto, di una spesa pubblica dello Stato al Sud inferiore al resto del Paese perché il Sud è Sud.

Così permane l’accusa che i medici siano una casta impegnata a stare sempre meglio a fronte di chi sta sempre peggio. Forse ingiusta, ma senza verifica contraria. Così permane l’accusa al potere politico di spalleggiarli per ragioni elettorali invece di assistere chi ha bisogno. Così non si fa nemmeno altro in alternativa. Così io quella colonscopia non riesco a farla se non mi do da fare per conto mio tanto più quanto più ho paura. Così l’Italia continua a macchiarsi dell’estrema e poco evangelica inciviltà di non curare il suo ammalato. Perché, sappilo: tu sei più suddito che cittadino.

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