Trasporti

E soltanto al Sud l’alta velocità riesce a diventare bassa

Lino Patruno

Il fatto è che la società civile meridionale è come l’elefante. In un rimpiattino con i politici accusati di tutto ma mai sostenuti da una forza di opinione che li spinga anche loro malgrado. Si è meridionali soprattutto nella testa. E non è problema di shampoo

Poi dice che uno si butta a sinistra, come diceva Totò (anche se qui destra e sinistra non c’entrano). Ma questa storia del collegamento ferroviario diretto fra Bari e Napoli, che sembra come il pallottoliere in tempi di intelligenza artificiale. Dal 10 luglio, 4 ore e dieci per fare 261 chilometri (da Torino a Milano si va in poco più di un’ora, come se fossero la stessa città). Almeno però non si deve più cambiare treno a Caserta, che sa tanto di stazione alla Sergio Rubini. Il fatto è che questo «diretto» è tanto poco diretto (con cinque fermate) da metterci più di prima.

In attesa del 2027, quando ci si metteranno due ore, ma sempre con un’alta velocità che al Sud diventa bassa. Meglio di niente, vox populi, laddove il niente è il proverbio abituale al Sud.

Così è andata in 162 anni di unità d’Italia? No, così si è deciso che andasse. Napoli e Bari dovevano restare disunite per evitare che diventassero una forza in concorrenza col Nord. Magari una economia e un mercato che potessero prescindere da quelli settentrionali.

Così doveva essere più facile andare a Milano che fra le due più importanti città del Mezzogiorno continentale. Quindi non caso, ma premeditazione. Sud lontano e diviso all’interno, si fosse messo pericolosamente in testa di essere un unico popolo e un unico territorio.

Così anche la storia della perenne emigrazione al Nord. Possibile che il Sud non sia mai riuscito a svilupparsi in modo da evitarlo? Se lo chiedono anche molte anime belle meridionali. No, dal dopoguerra in poi il modello di sviluppo (famoso modello di sviluppo) doveva prevedere lo sviluppo al Nord e la manodopera dal Sud. Neanche questo un caso, ma una pianificazione a tavolino. Quindi tu meridionale devi emigrare non perché sei un incapace, ma perché così è stato deciso. E tu meridionale lo hai tanto considerato un destino, da esserti convinto che così è e così deve andare.

Magari dandotene colpa, il non meno famoso «è tutta colpa nostra». E così continui a mandare i tuoi figli a studiare su, senza neanche preoccuparti di vedere cosa ci sia giù.

Irritando una scienziata come la barese Luisa Torsi: «Ma dove continuate a mandarli?».

La sindrome secondo la quale non ci spetta nulla ed è inutile ribellarsi (quando pure) somiglia a quella dell’elefante. Il quale è legato con una catenina alla gambona. Gli basterebbe un minimo movimento per farla saltare e riacquistare libertà. Non lo fa perché così è abituato dalla nascita. Allora per esempio gli assessorati (non meno famosi anch’essi) presentano le rassegne culturali estive e chi ti invitano alla grande? Gli autori del Nord, come se quella locale fosse landa desolata. Dice: cerchiamo di non essere provinciali, come se esaltare le proprie qualità (laddove ci sono) fosse da provinciali e non il primo comandamento di ogni crescita. Dice: ma sono più bravi. Può essere, ma spesso si è definiti bravi quando si ha tutto un sistema che ti spinge e protegge, al contrario del Sud. (Non granché diversi i giornalisti foresti chiamati per la presentazione del Piano strategico della città metropolitana di Bari).

Senza nemmeno un dubbio, si deve decidere dove debba andare la sezione italiana del Tribunale europeo dei brevetti. Ma a Milano, lo dice la parola stessa. Scusi, ma perché no Napoli o Palermo, che pure pare stiano anch’esse in Italia? Non diciamo sciocchezze. Così Milano si becca l’Expo, si becca l’Human Technopole, tenta di prendersi l’Autorità europea dei farmaci. Mentre a Parma va l’Autorità europea per l’alimentazione. E quando si vocifera di portarne a Foggia la sezione italiana, si fa finta di niente e non la si fa né a Foggia né altrove. E lasciamo stare l’Intel, colosso informatico americano. Tanto i nostri ministri insistono per Piemonte e Veneto (escludendo Sicilia e Puglia), che Intel non viene più in Italia.

E così tutto il resto. Vedi questo tempo prolungato a scuola. Ché se tu chiedi a qualsiasi esperto cosa serva anzitutto per la crescita civile e sociale di un territorio, ti dicono il tempo prolungato a scuola. Eh, ma sa, per portarlo al Sud ci vorrebbero quattro miliardi. Beh, e allora? Il timore è che di prolungato per il Sud non ci sarà neanche la discussione.

Il fatto è che la società civile meridionale è come l’elefante. In un rimpiattino con i politici accusati di tutto ma mai sostenuti da una forza di opinione che li spinga anche loro malgrado. Si è meridionali soprattutto nella testa. E non è problema di shampoo.

Privacy Policy Cookie Policy