il commento

Italiani scaltri e fantasiosi, ma quelli del reddito di cittadinanza non sono solo «furbetti»

Gino Dato

Il fenomeno generale dei furbetti è assai grave e merita riflessioni, al di là di ogni moralismo o perbenismo

Ancora una volta i carabinieri sono tornati a riva con le reti cariche di una ricca fauna che imperversa nei mari italiani: i furbetti. E ancora una volta la specie si era appropriata di una preda succulenta, il reddito di cittadinanza, percepito illecitamente. Sono 662 furbetti per una truffa di 15 milioni nel Napoletano, minimizza qualcuno. Sollevando le spalle, ci si chiede quale possa essere la rilevanza sociale dei reati commessi da chi non ha diritto all’assegno rispetto a una conquista che avrebbe restituito alla dignità qualche milione di persone. Infatti, a percepire il reddito, secondo i dati Inps del luglio 2022,  sono oltre un milione di famiglie italiane, con 2,49 milioni di individui, la maggior parte dei quali cittadini italiani (2,17 milioni), con importi medi di 551 euro.

Eppure il fenomeno generale dei furbetti è assai grave e merita riflessioni, al di là di ogni moralismo o perbenismo.
In primo luogo, non è nuovo nella storia d’Italia, anzi, quasi «consustanziale» al carattere nostrano, fotografa esemplari di un popolo fantasioso e bugiardo, pronto a costruirsi sotterfugi e requisiti falsi per godere di privilegi, sussidi e appannaggi. In una scala dal piccolo favore alla grande prebenda, soprattutto quando non gli spettano, è pronto a fare carte false, a simulare e dissimulare, quasi una sfida alle difficoltà della vita. Fantasia o piccolo cabotaggio delinquenziale? In secondo luogo, la definizione di «furbetti» ha risucchiato e fatto proprio un vezzeggiativo che edulcora lo stigma sociale della categoria: li chiamano «furbetti» e invece sono solo dei disonesti. Edulcorare l’appellativo, più che colorarlo di disprezzo, lo svuota, quasi a sminuire il danno per la comunità.

Certo, non sono paragonabili ai grandi evasori o ai tangentisti, ma sicuramente non sono ladri di polli. L’eufemismo smonta ogni sentore di intransigenza nei confronti del vizio. Il quale appare ancora più grave se approfondiamo il fenomeno relativo al reddito di cittadinanza. La retata, relativa a un periodo che va da aprile a ottobre, ha riguardato circa 90 mila beneficiari in 5 regioni, per i quali sono state accertata 5 mila irregolarità. La principale è dichiarare redditi inferiori ai 9360 euro della soglia fissata dalla legge istitutiva. Come fa chi attesta di non superarla ma svolge attività in nero, chi omette di seconde case e conti correnti eccedenti un determinato tetto, di moto e imbarcazioni. I percettori possono anche essere occulti protagonisti di avviatissime attività economiche, proprietari di case di pregio, nuclei familiari il cui reddito complessivo è largamente superiore a quello denunciato.

Si gioca sui requisiti economici. Ma in molti sono riusciti a barare sul casellario giudiziario, giacché dal reddito andrebbero esclusi coloro che nel decennio precedente hanno subìto condanne definitive  per essersi macchiati di reati come associazione di tipo mafioso, voto di scambio, strage e terrorismo, truffa aggravata e sequestro di persona, o è sottoposto a misure cautelari personali. Come si spiega che tra i beneficiati ci fossero anche pregiudicati e mafiosi, boss e persone ai domiciliari?
A proposito di nuclei familiari: «Il numero dei componenti - ricordano gli investigatori dell’Arma - ha un’incidenza determinante, per cui  ci siamo trovati di fronte a famiglie “allargate” in modo decisamente sospetto  fino a comprendere componenti da tempo via da casa, residenti ad altri indirizzi, coniugi o figli letteralmente inventati. In certi casi la fantasia non ha limiti».

L’Inps svolge un controllo di tipo amministrativo, con verifiche automatiche basate sulle banche dati, mentre alle forze dell’ordine spetta il controllo successivo, di polizia, teso ad accertare la sussistenza di veri e propri falsi e relativi reati: «Ai nostri occhi - continuano gli investigatori -  “indicatori di rischio” possono essere, ad esempio avere dei precedenti penali, un numero eccessivo di pratiche trattate dallo stesso Caf, risiedere in un immobile del centro storico di una grande città piuttosto che in periferia o in una casa popolare».  Come noto, il reddito di cittadinanza è riservato a  cittadini italiani o dell’Unione europea ma possono accedervi anche i cittadini di Paesi terzi  in possesso del permesso di soggiorno Ue per lunghi periodi, gli apolidi in possesso di analogo permesso e i residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

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