L'editoriale

Basta con l'iperatlantismo. Fermare la guerra aiuta la stabilità europea

Enzo Lavarra

Il mainstream di grandi giornali e analisti italiani segue solo la logica della vittoria finale su Putin. Non si pone la domanda se la sconfitta definitiva della Russia apra o no la strada alla stabilità e alla sicurezza in Europa

Il tempo è ora. Assistiamo all’escalation della guerra in Ucraina e ci pervade l’orrore per i bombardamenti russi sulle città e sui civili di quel Paese (ma per le vittime civili del ponte in Crimea esprimiamo la stessa pietas?). Al tempo stesso incombe la minaccia nucleare.

Vale di ripetere la condanna dell’aggressore alla sovranità di un popolo . E la denuncia del disegno neoimperiale dell’autocrate di Mosca .Ma è legittimo anche il dubbio sulla riproposizione , in tempi di arsenali atomici, della teoria che «la guerra è prosecuzione della politica con altri mezzi» .E dunque di riferirsi, fra le molte voci di pace, alle parole di Monsognor Zuppi: «La guerra ha una sua logica geometrica. È urgente bloccare l’escalation. Evitare che l’arma nucleare diventi convenzionale. Si normalizzi». E quelle di Angela Merkel alla Fondazione Kohl: «Bisogna convocare una Conferenza per la sicurezza paneuropea compresa la Russia, nel quadro del rispetto dei principi del diritto internazionale».

È quello che manca nella posizione di Usa ed Unione Europea. E che anima via via la mobilitazione dal basso delle reti del Pacifismo italiano. Che non è di equidistanza, è di appello consapevole che il cessate il fuoco e il negoziato si trattano con il nemico.

Il mainstream di grandi giornali e analisti italiani segue solo la logica della vittoria finale su Putin. Non si pone la domanda se la sconfitta definitiva della Russia apra o no la strada alla stabilità e alla sicurezza in Europa prima di tutto, e nel mondo. Questo iperatlantismo, che annulla ogni spazio minimo di autonomia della nostra tradizionale politica estera in ambito Nato (Sigonella docet), non fa i conti con uno degli esiti possibili. Ovvero con lo slittamento definitivo della Russia come satellite della Cina. E non fa i conti con il sistema di alleanza mondiale che la Cina sta tessendo attorno alla sua leadership di Paese «responsabile della stabilità del mondo nel segno di un nuovo ordine multipolare».

È quello che è emerso dal recente summit di Samarcanda ove 15 Paesi, che rappresentano la metà della popolazione mondiale, hanno gettato le basi di una cooperazione attiva in molti campi: dalla agricoltura alla logistica e ai trasporti alla tecnologia digitale. Non una alleanza anti-Nato, la Turchia vi fa parte, ma appunto un blocco che può dare luogo a una convivenza pur competitiva con «l’Occidente».

Sì, sono regimi autocratici , salvo l’India che è una democrazia elettiva. Ma una nuova solidarietà dell’Occidente è possibile in una logica di scontro che è prima commerciale e di seguito inevitabilmente militare? Attorno a una riedizione di un ordine mondiale unilaterale degli Usa si fa appello ai valori della democrazia occidentale contro appunto le autocrazie. Ma la domanda è: la crisi della democrazia liberale nasce da quei Paesi o dal proprio interno? Cosa spinge in America e in Europa masse di diseredati, di precari, di non garantiti verso la suggestione sovranista? Li spinge l’effetto di gravi disuguaglianze prodotte dall’ordoliberismo. Il «trikle down» non c’è stato . La ricchezza non è sgocciolata verso le fasce deboli. Si è concentrata in poche mani. E dunque la destra neoprotezinista è apparsa come l’unica zattera possibile. Zattera illusoria e regressiva. Ha indicato nel migrante il nuovo nemico dei ceti medi e bassi dei nostri Paesi. Ha rilanciato lo Stato nazionalistico come ideologia «protettiva», quando nessun Paese da solo regge le sfide globali.

Cosa c’entra la guerra con questo? C’entra. Se non si arresta prevarranno le spinte conflittuali interne ai Paesi Ue a difendersi dal caro energia, dalla crisi degli approvvigionamenti agroalimentari; ciascuno con la propria economia. Ed è facile prevedere chi fra Germania e Italia soccomberà, per il differenziale di debito pubblico fra i due Paesi. Agire per lo Stop alla guerra è di vitale importanza per noi. Consente di aprire il tema cruciale di riforma dei Trattati che ha prodotto dumping sociale e fiscale fra paesi Ue. Concorrenza sleale fra imprese e bassi salari e disoccupazione per i lavoratori e le lavoratrici. Il coraggio e il realismo è dire che l’allargamento Ue a Ucraina, Georgia, Moldavia, Balcani deve essere preceduto dalla creazione di una comunità politica (Proposta Macron) che indirizzi i fondi europei per adeguare al rialzo gli standard fiscali e dei minimi contrattuali salariali nella Ue. Si può fare questo solo in tempi di pace; ed è l’unica prospettiva che rilancia la politica e le sue istituzioni nazionali e sovranazionali come luogo sovrano della regolazione della economia verso fini di giustizia sociale e di sostenibilità ambientale.

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