TARANTO - Nel ventennale della scomparsa di Winfred Gaul arriva la prima retrospettiva nazionale a Taranto (nell’ex convento degli Olivetani fino al 23 gennaio), città emblematica quando si parla di abbattere l’inquinamento e di visione circolare del modo di stare al mondo.
«Invece che fra le immondizie questo scarto finiva sul mio tavolo da disegno». Così Gaul, fondatore della pittura analitica, descriveva il processo di recycling che, grazie all’aiuto di lapis, matite colorate, trementina, colori ad olio e acrilici, trasformava rifiuti in opere d’arte contemporanea. Nascevano così due serie di pitture. La prima dai disegni mal riusciti che venivano ridotti a pezzetti di carta e riutilizzati in nuove elaborazioni. L’altra da avanzi dell’industria dell’imballaggio, cioè da scatole di cartoni, ormai vuote, delle bottiglie di vino che lo stesso Gaul aveva acquistato. Quest’ultima già nel settembre 1982 fu esposta, per la prima volta, sotto il titolo di Recycling alle Gallerie Hennmann di Bonn.
Quest’anno per il ventennale della scomparsa di Gaul, avvenuta a Kaiserswerth, già tre mostre: a Taranto, Cassino e Genova, si propongono di celebrare al meglio questo artista che amava l’Italia in modo viscerale, in una alternanza di alti e bassi, come in ogni amore vero che si rispetti.
La prima mostra è già partita e la serie di pitture Recycling sono arrivate a Taranto. Ancora oggi luogo emblematico se si parla di salvare l’ambiente, dove per il primo omaggio italiano all’artista tedesco Giulio De Mitri - presidente del Crac Puglia Centro ricerche arte contemporanea - ha dato vita, insieme allo storico gallerista dell’artista livornese Roberto Peccolo, ad una esposizione che porta con sé oltre alle implicazioni sul piano artistico, implicazioni sul piano etico, culturale, politico ed economico. Con questa serie pittorica i cartoni non sono più cartoni, perché l’anima di Winfred Gaul, attraverso i suoi colori, li ha portati nel ciclo della vita e della storia, mettendo in atto l’enigma etico e pratico di tutta la sua arte, come hanno giustamente messo in evidenza nelle note scritte Roberto Lacarbonara e Alberto Zanchetta, rispettivamente direttore artistico del Crac e curatore della mostra.
Un nuovo modo di concepire lo stare al mondo si era già delineato a partire dagli anni ‘60 quando uscì quel meraviglioso testamento ecologico che è stato Primavera silenziosa di Rachel Carson. Da quel momento s’innescò un’attenzione all’ambiente tale per cui fino al 2022 sono stati 90 su 200 i paesi della comunità internazionale che hanno introdotto norme a tutela dell’ambiente nella propria Costituzione. Un segnale più che concreto che un’epoca stia ormai volgendo al termine e che tanti paesi abbiano già raggiunto il punto di svolta. Ad un livello globale anche la cifra civile della cultura e dell’arte è cambiato, assumendo una adeguata dimensione non solo promozionale a favore dell’ambiente ma anche sperimentale ed educativa.
Negli anni ottanta, periodo in cui Gaul realizza Recycling, l’Arte Ambientale si traduce in vera e propria azione ecologica, raggiungendo probabilmente una delle sue massime e più celebrate espressioni del XX secolo in 7000 oaks (7000 querce), azione ecologica realizzata durante Documenta dall'artista tedesco Joseph Beuys nel 1982, nella quale l'artista e i suoi assistenti hanno evidenziato la condizione dell'ambiente locale piantando 7 mila querce dentro e intorno alla città di Kassel.
In questo contesto l’auspicio di Winfred Gaul di realizzare il quadro con il «minimo intervento» giunge quindi all’estrema economia di salvare l’ambiente. Con l’ulteriore merito di dare valore alle irregolarità e asperità della materia ormai destinata al macero, perché se gli strappi, i frastagliamenti dei bordi e i fori lasciati dagli interventi di cucitura metallica sono gli strappi, i frastagliamenti e i fori di cui è fatta l’esistenza umana, non si può che concludere che l’arte di salvare l’ambiente porta in sé la valorizzazione di tutte le imperfezioni del vissuto.
Imperfezioni che arrivano a comprendere anche tutti i segni lasciati sull’umanità dal nazismo dentro e fuori la sua Germania. Non sorprende che da giovanissimo Gaul avesse partecipato al «Gruppe 53» di Düsseldorf, il primo gruppo di artisti tedeschi che si era riunito sotto quel nome per svecchiare la scena artistica e pittorica della Germania della ricostruzione, dopo l’epoca nazista e le devastazioni e i massacri della seconda guerra mondiale. Ecco che l’arte di Winfred Gaul di salvare l’ambiente non è una mera azione ecologica ma un vero atto di ecologia umana e politica perché, oltre allo scarto che «resta vivo», resta viva la memoria.