Sipario
Teatro, il salentino Mario Perrotta vince il quarto premio Ubu. Vittoria anche per Licia Lanera
Si aggiudica ancora una volta il riconoscimento considerato l’equivalente del David di Donatello per il cinema, grazie allo spettacolo «Dei figli». Premio anche a Licia Lanera come Miglior testo straniero e Miglior regia per Con la carabina
«Non accade nella vita di tutti i giorni di un uomo di teatro vincere una volta il premio Ubu, figuriamoci quattro». A parlare è il salentino Mario Perrotta, che ieri sera al Teatro Arena del Sole di Bologna, in contemporanea radiofonica su Rai Radio3, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento, questa volta come autore, nella categoria «Miglior nuovo testo italiano o scrittura drammaturgica», per lo spettacolo Dei figli, terzo e ultimo capitolo della trilogia dedicata alla famiglia contemporanea. Un premio fondato nel 1977 dal critico Franco Quadri, vinto 9 volte da Carmelo Bene e considerato il più importante in ambito teatrale in Italia, equivalente dei David di Donatello per il cinema. Vittoria anche per Licia Lanera come Miglior testo straniero e Miglior regia per Con la carabina.
Un riconoscimento che carriere folgoranti non hanno mai raggiunto, lei è già a quota quattro, come si sente?
«Non accade tutti i giorni, e averlo vinto per una funzione teatrale diversa, come autore e non solo come attore, è un tassello che completa ciò che sono come uomo di teatro, artista e ideatore di progetti anche con 200 attori in scena contemporaneamente».
«Dei figli», che cosa racconta in questo spettacolo?
«Per esaminare la famiglia, su cui ruota tutta la trilogia, ho avuto la consulenza alla drammaturgia di Massimo Recalcati (psicanalista e saggista, ndr), con cui sono molto amico: mi ha raccontato quali sono le disfunzionalità più presenti nel suo studio rispetto alle relazioni familiari, e le ho collegate con quello che vedo sotto lo sguardo di mio figlio e, come in questo caso, di coloro che hanno davvero il diritto di chiamarsi figli. Qui mi occupo di quelle persone tra i 18 e i 50 anni che non hanno intenzione di smettere di comportarsi da figli, con l’ovvia connivenza dei genitori. In scena ci sono quattro persone mature tra i 29 e i 50 anni che vivono insieme in una casa, da coinquilini, ma hanno un rapporto malato con enormi schermi, dove ogni mattina compaiono le famiglie d’origine. E loro trascorrono l’intera giornata a rendicontare a genitori e parenti stati d’animo e azioni quotidiane, sono finti indipendenti andati via di casa solo fisicamente».
Uno scenario in cui il pubblico italiano si può facilmente riconoscere.
«Dopo 30 anni di teatro davanti a questo spettacolo ho visto accadere una cosa inedita: c’è un momento in cui gli attori in scena scendono dal palco e lasciano spazio solo agli schermi, e io, da autore e regista, osservo il pubblico in sala. Non avevo mai visto una platea piangere e ridere contemporaneamente: ho capito che in quel frangente viene investita da una dicotomia violenta, perché non sa se identificarsi con i genitori nello schermo o i figli in sala. E ho colto questo stato d’animo anche in madri e padri di ragazzi adulti, di oltre 20 anni, che dopo lo spettacolo vengono in camerino e mi chiedono: “Ora che vado a casa che faccio? Mi hai messo in crisi”. In fondo il ruolo del teatro è questo, non deve dare risposte ma sollecitare domande».
Inevitabile una domanda sulla situazione del comparto teatrale in questo momento: lei continua a girare, le sale sono tornate a riempirsi?
«Da salentino che vive in Emilia da 34 anni, innanzitutto spero che questo premio possa essere un’occasione per tornare nei circuiti pugliesi, dove giro ancora molto poco. Spero di portare un po’ di lustro alla nostra terra: il lavoro arrancava già prima della pandemia, per noi eterni precari, mentre invece siamo stati il motivo per cui molta gente non si è suicidata nella prima fase del lockdown. Eravamo l’unica distrazione noi attori, l’unico modo per viaggiare in altri mondi. Comunque, crisi a parte, percepisco che la gente ha voglia di tornare al contatto dal vivo, ma ci vogliono buone direzioni artistiche, stagioni che vanno pensate, anche con titoli coerenti coraggiosi e non sempre “i soliti” o quelli più “comodi” perché interpretati dai personaggi della tv. I cartelloni vanno pubblicizzati bene, la gente non vuole più solo lo svago, vuole fermarsi a riflettere. Le stagioni in cui ci si mette anima, impegno e dedizione hanno già le sale di nuovo strapiene».
I COMPLIMENTI DI EMILIANO E SALVEMINI
Lunedì 12 dicembre all’Arena del Sole di Bologna sono stati assegnati i premi UBU 2022, gli Oscar del Teatro italiano, e lo spettacolo “Dei figli” di Mario Perrotta si è aggiudicato il riconoscimento di Miglior nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica (in finale anche nella categoria Miglior attrice under 35 per Dalila Cozzolino) mentre lo spettacolo “Con la carabina” di Licia Lanera si è aggiudicata i premi Miglior regia e Miglior nuovo testo straniero.
“Due i pugliesi vincitori degli UBU - gli Oscar del Teatro - per il 2022. Licia Lanera raggiunge i tre UBU ed è la quarta donna in 44 edizioni a riceverlo per la miglior regia. Immenso orgoglio. Mario Perrotta con il quarto UBU (questa volta per il miglior nuovo testo italiano), raggiunge mostri sacri come Peter Brook e si colloca nella scia di Carmelo Bene. Un attore e un autore straordinario, patrimonio del Paese intero, che con la sua Arte e il suo Teatro onora le sue radici: il Salento, la Puglia –commenta il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano -. Le vittorie di Mario Perrotta e Licia Lanera sono quindi un motivo di grande gioia e ispirazione per il nostro lavoro, per continuare a investire in cultura, sulla bellezza e sui talenti. Congratulazioni a Licia Lanera, a Mario Perrotta e al teatro pugliese.“
«Mario Perrotta ha vinto ieri il suo quarto Premio Ubu, l’equivalente dell’Oscar per il teatro italiano, in poco più di dieci anni.
Premiato prima per la regia dei suoi progetti speciali, due volte, poi come attore nella intensa interpretazione del pittore naif Antonio Ligabue, ha vinto quest’anno come drammaturgo per il testo dello spettacolo “Dei figli” che ad aprile scorso abbiamo visto al Teatro Apollo nella stagione di prosa del Comune. Un testo leggero e doloroso allo stesso tempo che analizza con ironia sferzante l’abitudine diffusa di tanti in questo nostro tempo a restare troppo a lungo figli.
Questo quarto Ubu riconosce e sancisce la completezza dell’artista: regista, attore, drammaturgo.
Siamo orgogliosi di Mario e lo festeggeremo come conviene il prossimo 18 aprile al Teatro Paisiello». Così il sindaco di Lecce Carlo Salvemini.