Stasera alle 21.20 Telenorba trasmetterà, in prima televisiva, il docufilm Varichina – La vera storia della finta vita di Lorenzo De Santis, sul «rivoluzionario» gay barese, di Mariangela Barbanente e Antonio Palumbo. In occasione dell’evento abbiamo rivolto qualche domanda al regista, che ci ha risposto dalla sua abitazione a Roma.
«Varichina» oggi su Telenorba: è un’iniziativa che nasce da voi registi o dalle richieste dei tanti che volevano vedere il vostro lavoro?
«Circa un anno fa, la Ismaele Film che detiene i diritti di distribuzione del film, ha inserito nel piano strategico la vendita dell’opera ad alcune piattaforme quali Amazon, Chili, Netflix e Sky. Dieci giorni fa, il distributore mi ha avvisato della messa in onda, a sorpresa. Un bel regalo per i tanti che ci chiedono ancora di poter vedere o rivedere il film».
È vero che il film verrà distribuito in dvd?
«Il progetto del dvd è pronto da mesi ma ci sono state beghe tra distributore, concessionari ed editori».
Come è nata l’idea di fare un film su un personaggio così locale, sguaiato?
«L’idea è nata grazie al vostro giornale. Mia sorella mi girò un articolo a firma di Alberto Selvaggi su Varichina, un’inchiesta biografica in cui si raccontava il personaggio chiedendo provocatoriamente nel finale un busto per celebrare "Il mito diverso". Ho chiamato Mariangela Barbanente e le ho chiesto se le andava di sviluppare un soggetto su questa irresistibile “anima pop”. L’idea del sottotitolo è sua: la vera storia della finta vita».
Quindi il vostro film è un po’ figlio della «Gazzetta».
«Assolutamente sì. Anzi, colgo l’occasione per abbracciare tutti voi della “Gazzetta” in questo lungo, difficile momento seguito al sequestro, con dissequestro. Mi indigna che la voce più autorevole del Sud e della Puglia nella carta stampata sia messa a rischio».
Molti spettatori al cinema sono stati colpiti dalla scena finale di «Varichina», quella girata sulla lapide.
«Paradossalmente quella è la prima scena che mi è venuta in mente quando ho pensato al film. L’unica immagine reale di Lorenzo De Santis che avevamo era quella della tomba e ogni volta che la visualizzavo non riuscivo a vederla avulsa dal contesto. Allora ho pensato di aggiungercelo io l’epitaffio».
Come avete fatto a rendere così credibile il personaggio con così poche tracce?
«Grazie ai ricordi, alla bravura del protagonista Totò Onnis, della truccatrice Lolli Caldarola e della costumista Giulia Barbanente. Mentre giravamo una scena sul lungomare di Bari con Totò agghindato in stile Anni ‘70, le macchine rallentavano per salutarlo e sfotterlo come se fosse stato realmente Lorenzo Varichina: le offese fuori campo che si sentono in quella scena del film sono reali e non doppiate da attori».