giustizia

Brindisi, sconto di 2 milioni sul debito dell'ex sindaco Antonino. Ma il Comune non si oppone

andrea pezzuto

Previste 420 rate per sanare il suo debito con il Comune, maturato per danno d’immagine e da disservizio per aver incassato tangenti. Corte dei conti contraria. Rossi: «È scandaloso»

BRINDISI - L’ex sindaco Giovanni Antonino ottiene uno sconto di circa due milioni di euro e potrà saldare il suo debito con il Comune, maturato per danno d’immagine e da disservizio per aver incassato tangenti, pagando «solo» 252mila euro in 420 comode rate da 600 euro al mese; Antonino dovrà pagare fino a che avrà 102 anni. Così ha deciso il giudice Ivan Natali, accogliendo l’istanza di Antonino di adesione alla procedura concorsuale prevista per crisi da sovraindebitamento dei consumatori. Il giudice ha ritenuto Antonino «meritevole» dello sconto in quanto il debito non sarebbe maturato per colpa grave, malafede o frode dell’ex primo cittadino. Inoltre, il giudice ha ritenuto ragionevole i termini della rateizzazione, valutando quindi congrua la rateizzazione per 35 anni rispetto alle aspettative di vita di Antonino. Al Comune, creditore dei 2,3 milioni di euro, evidentemente sta bene così, dato che non ha impugnato la sentenza di omologa. Alla sentenza si è invece opposta l’Agenzia delle entrate, che è debitrice di 25mila euro. La decisione del Comune è politica più che tecnica e bisognerà vedere che ripercussioni avrà visto che l’ente è in predissesto. La Procura della Corte dei conti, la stessa che il sindaco Pino Marchionna teme per lo sperpero di denaro legato a commissioni a suo dire poco fruttuose, aveva infatti espresso un parere fortemente contrario rispetto al piano di rientro del debito. La magistratura contabile aveva eccepito che l’ex sindaco non è meritevole di accesso alla procedura concorsuale in quanto «è indubbio che la situazione di Antonino derivi da illeciti penali ed erariali posti in essere mediante una condotta palesemente dolosa». Inoltre Antonino, «prima delle sentenze penali e contabili, con condotta fraudolenta ha effettuato atti dispositivi dei propri beni immobili». Difatti, con sentenza del 2009 la Corte dei conti ha dichiarato «l’inefficacia dell’atto di donazione del 2003 di Antonino verso la moglie degli unici beni immobili di cui aveva possesso». Ma se il giudice intendeva comunque accogliere la proposta di Antonino, secondo la Procura della Corte dei conti bisognava chiedere «un adeguato incremento della misura (perlomeno il doppio) delle singole rate di ammortamento». In quel momento, in valutazione c’era l’opzione delle 240 rate da 600 euro al mese. Per la magistratura contabile bisognava raddoppiare il quantum, invece il giudice ha optato per estendere il pagamento da 20 a 35 anni.

Perché Antonino ha deciso di pagare proprio adesso, a distanza di 14 anni dalla sentenza della Corte dei conti? Chi può dirlo. Ovviamente, essendo Giovanni Antonino il padre nobile del Pri (partito di maggioranza) e genitore di Gabriele, presidente del consiglio, le minoranze sono passate all’attacco per la mancata opposizione del Comune al maxi-sconto concesso. «Antonino ha usufruito di uno sconto di circa il 90 per cento rispetto a quanto dovuto. Premesso che non comprendo come sia stato accolto il ricorso per sovraindebitamento rispetto a sanzioni della Corte dei conti - afferma il consigliere di Avs, Riccardo Rossi - la cosa più allarmante è il ricorso alla decisione del giudice da parte dell'Agenzia delle entrate mentre il Comune, che è l’ente creditore, resta in silenzio. Uno scandalo». Il Pd sottolinea invece che «il Comune, non impugnando la sentenza, ha ignorato le pesanti riserve della Corte dei conti. Si corre il rischio di azzerare oltre 2 milioni di euro di crediti che potevano essere usati per mettere in sicurezza le strade cittadine dissestate e gli edifici scolastici». Il sindaco al momento preferisce non commentare.

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