La sentenza

Brindisi, il gup demolisce l’inchiesta sul porto: «Le accuse a Patroni Griffi? Tutte infondate»

Massimiliano Scagliarini

Le motivazioni dopo l’assoluzione in abbreviato degli 8 imputati: «Dalla Procura atteggiamento pregiudizialmente accusatorio»

«Atteggiamento pregiudizialmete accusatorio, autoreferenziale e privo di qualunque considerazione dell’interpretazione emersa sia dai precedenti in materia, che, addirittura, sulla specifica questione». Nelle 109 pagine di motivazioni con cui il gup di Brindisi, Maurizio Saso, ha spiegato i motivi dell’assoluzione pronunciata ad aprile per il presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico, Ugo Patroni Griffi, per l’ex subcommissario prefettizio Maria Angela Danzì (oggi europarlamentare) e per altri sei tecnici e funzionari pubblici, c’è soprattutto un pesantissimo atto d’accusa nei confronti della Procura. Ovvero nei confronti del pm Raffaele Casto, che - dopo aver portato fino in Cassazione (ottenendo sempre rigetti) la richiesta di arrestare i vertici del Porto di Brindisi, durante il processo in abbreviato ha chiesto per tutti condanne variabili tre i sei e i tre anni. Ma il gup ha liquidato i 21 capi di imputazione «perchè il fatto non sussiste» (gli ultimi due «per non aver commesso il fatto»), demolendo la costruzione dell’accusa.

Una visione sideralmente opposta dei fatti rispetto a quella accusatoria, che - scrive il gup, «fa emergere con indiscutibile evidenza la totale infondatezza, oggettiva e soggettiva, delle imputazioni. Si deve, purtroppo, prendere atto che gli imputati hanno dovuto attendere ben sei lunghi anni per vedere affermata la loro innocenza». E poi l’affondo nei confronti del pm, talmente violento e circostanziato da fare ipotizzare la trasmissione degli atti al Csm per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti del pm Casto: «In questo processo - ha scritto Saso -, non solo sono state “scelte” persone da non imputare per gli stessi fatti addebitati ad altri, ma si è costruita un’accusa portando avanti, in modo ossessivo, una tesi giuridica sconfessata dai giudici amministrativi e, perfino, alterando la struttura di alcune imputazioni rispetto alla fisiologica e pacificamente riconosciuta configurazione».

I fatti di cui si parla (per i quali anche il gip De Angelis, rilevò all’epoca l’assoluta mancanza di gravi indizi di colpevolezza) riguardano la realizzazione di diverse opere portuali tra cui la recinzione dell’area portuale, 17 varchi di accesso e alcune strade interne. Tutte al centro, parallelamente con l’inchiesta giudiziaria, di una aspra vertenza con il Comune di Brindisi: ma nel contesto di sentenze della giustizia amministrativa che hanno dato sempre ragione alle scelte di Patroni Griffi. Il gup Saso ha condiviso questa lettura, dando ragione al presidente dell’Autorità: «L’intervento nel porto di Brindisi, come l’amministrazione comunale di Brindisi ed i suoi funzionari sembravano avere dimenticato, era primariamente finalizzato al soddisfacimento degli obblighi internazionali gravanti a carico dello Stato italiano in forza dei quali la recinzione di security non è un orpello estetico ma un’opera essenziale ed irrinunciabile». In particolare, il gup definisce «indimostrata» la tesi secondo cui la Danzì (subentrata alla sindaca Carluccio) avrebbe voluto accontentare Patroni Griffi «in vista della propria candidatura all’incarico di segretario generale dell’Autorità», in realtà mai avanzata. E dunque la presentazione del curriculum da parte della Danzì è, secondo il giudice, «una mera congettura del Pubblico ministero nell’ottica del sospetto dietrologico che non ha diritto di cittadinanza nel processo».

E così Patroni Griffi, commentando su Facebook l’esito della vicenda, ha bollato la precedente amministrazione comunale di Brindisi come «una grandiosa fucina di atti ostativi e pareri farlocchi che sembrano usciti dalla viva penna del Conte Mascetti, con l’unico intento di bloccare lo sviluppo del porto». 

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