una lettera

Cronaca di un day hospital all'ospedale Perrino di Brindisi

Redazione on line

«Non trattate in questo modo i malati, i sofferenti, le persone anziane, che sono le più fragili, perché noi siamo poveri, perché i ricchi stanno diventando sempre più ricchi, ma non saremo mai dei pezzenti»

BRINDISI - «A casa nostra si mangia ancora da Dio» è la conclusione di una lettera al giornale vergata dalla «incazzatissima G. Poddi» che non ha esitato un attimo a redigere la sua «cronaca di un day hospital nel reparto di oculistica dell’ospedale “Perrino” di Brindisi» e consegnarla al cronista.

«Ricovero ore 7.30, il personale infermieristico con i soliti preliminari e poi ci invitano a cambiarci perché di lì a poco saremo portati in sala operatoria», scrive e aggiunge: «Ore 8 e 45, siamo già sulle barelle curati e coccolati da infermieri veramente deliziosi, sia uomini sia donne».

«Alle 10.45 - riprende - tutto finito e, fatti sedere su sedie a rotelle del 1919 (la mia addirittura priva di poggia piedi), siamo ritornati al reparto. E qui comincia la vera avventura!». E la signora Poddi inizia a raccontare: «Ci avvisano che data l’età dobbiamo rimanere fino alle 17 sotto osservazione - scrive -. Ci fanno accomodare nell’ultima stanza completamente vuota, con 3 poltrone sgangherate e 2 sedie di corridoio».

Riprende: «A questo punto avremo pure bisogno di un bagno. Apriamo la porta di quest’ultimo e... sorpresa!!!: i sanitari ci sono ma completamente smantellati. Dobbiamo arrangiarci con il bagno del corridoio. A mezzogiorno - scrive ancora - con tutta la gente che è passata di lì, è ormai un cesso maleodorante, quindi... “arrangiatevi”!».

È la stessa signora ad avvertirci che «non finisce lì», perché scrive: «Il più bello arriva col cibo. Ci portano in una busta trasparente un paninone che neppure il coltello di plastica riuscirà a tagliare. Dovremo usare le mani. Quattro fette di prosciutto cotto colore viola melanzana, un succo di frutta di pera e una scatoletta di frutta passata. Ora pensate che avremmo voluto un pranzo da chef? - chiede - Assolutamente no! - risponde - ma una minestrina calda sì, visto che eravamo a digiuno dalla sera precedente».

E dalla narrazione alla conclusione: «Chiudo con un appello all’amministrazione dell’ospedale “Perrino”. Non trattate in questo modo i malati, i sofferenti, le persone anziane, che sono le più fragili, perché noi siamo poveri, perché i ricchi stanno diventando sempre più ricchi, ma non saremo mai dei pezzenti. A casa nostra si mangia ancora da Dio».

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