TRANI - Un nuovo regolamento comunale per l’accesso al servizio di assistenza educativa specialistica scolastica per gli alunni con disabilità sta scatenando un’ondata di preoccupazioni e critiche in città. L’ex consigliera comunale Maria Grazia Cinquepalmi e l’ex assessore ai Servizi Sociali Rosa Uva (Responsabile Bat Azzurro Donna Forza Italia) denunciano apertamente una “condotta discriminatoria” che rischia di escludere centinaia di bambini con disabilità dal supporto educativo essenziale per l’anno scolastico 2025/2026.
Il «cavillo burocratico» Il nodo cruciale della questione risiede nell’articolo 8 del nuovo Regolamento, approvato dal Consiglio Comunale ad aprile, che richiede, come requisito di ammissione al servizio, il possesso del Certificato Inps di disabilità grave ai sensi di legge. «Questo certificato è posseduto solo da una piccola parte degli alunni con disabilità», spiega Cinquepalmi. «Per avere il sostegno, le scuole e le Asl si basano su due documenti diversi: il verbale di individuazione della disabilità e la diagnosi funzionale. Il Certificato Inps, che dà diritto a specifici benefici anche economici, lo ha forse solo il 50% o poco più degli alunni con disabilità. Anche la procedura per ottenerlo non è né semplice, né veloce».
La conseguenza diretta di questa decisione, secondo le ex amministratrici, è che numerosi alunni, pur avendo una disabilità riconosciuta e un Piano educativo individualizzato (Pei) che prevede il supporto dell’educatore, si vedranno negare l’assistenza perché sprovvisti del certificato Inps.
risorse scarse Da Palazzo di città non sono giunte repliche ufficiali, ma filtra che la scelta sarebbe motivata da un ridotto finanziamento e dalla scarsezza delle risorse economiche disponibili. «Ma è sconcertante che il Certificato Inps della Legge 104/1992 osserva Cinquepalmi -, che normalmente serve a dare alle persone con disabilità e ai loro familiari assistenza, integrazione sociale, agevolazioni fiscali e permessi lavorativi, in questa città venga utilizzato come requisito per escludere una grande fetta di ragazzi con problematiche gravi dal servizio di assistenza educativa specialistica scolastica».
Le fa eco Uva, ribadendo l’importanza di garantire l’inclusione: «È fondamentale, per garantire alla maggior parte dei bambini il servizio, che questo stringente requisito sia rimosso dal regolamento. Il sostegno ai più deboli non può essere ostaggio di una tenuta finanziaria». Uva suggerisce di «ripristinare come requisito di ammissione il verbale di individuazione Asl, documento già utilizzato e che permetterebbe a tutti i bambini con disabilità medio-grave di avere un educatore».
Di fronte a questa situazione, vengono lanciati appelli e suggerimenti. Alle associazioni di genitori e alle singole famiglie, vdi alutare un’azione legale contro il Comune il regolamento approvato per illegittimità e discriminazione. Inoltre, informare il Garante per l’infanzia e l’adolescenza e il Difensore civico regionale per verificare eventuali violazioni dei diritti dei minori con disabilità.
Ai dirigenti scolastici viene chiesto di farsi portavoce di una richiesta formale al Comune per una modifica urgente del regolamento, al fine di includere tutti gli alunni con certificazione di bisogno assistenziale. La scelta dell’Amministrazione, secondo le esponenti politiche, si configurerebbe come «discriminatoria perché nega pari dignità e pari opportunità educative a una parte della popolazione scolastica con disabilità».