L'evento
Loconia diventa frazione di Canosa: è l'8 giugno del 1968
Accadde 55 anni fa. Nel decreto, era «già indicata nell’uso comune» e proveniva dal vicino torrente
CANOSA - 8 giugno 1968: 55 anni fa il decreto del Presidente della Repubblica consegna ufficialmente alla frazione di Canosa lo status di frazione e il nome: “Loconia”.
La frazione, come si legge nel decreto, era «già indicata nell’uso comune» e proveniva dal vicino torrente Locone.
«In passato il comprensorio lungo la valle dell’Ofanto, dal torrente Locone fino alla stazione ferroviaria di Rocchetta Sant’Antonio, era acquitrinoso e fomite di malaria che infieriva sui numerosi lavoratori, che in quelle zone tentavano di ricavarne una qualche utilità utilizzandole soprattutto ad orti - ricostruisce Pasquale Ieva, presidente della sezione di Storia Patria - Ancora oggi gli anziani ripetono con espressioni gergali l’adagio: “Chi va a Iannarsi e non muore, con la morte è fratello o sorella”, per spiegare che era molto alto il rischio di contrarre la malattia per chi frequentava quella zona paludosa».
la bonifica Per prosciugare l’insalubre territorio fu costituito il «Consorzio di Bonifica dei Bacini del Locone e Basentello», che completò l’opera poco prima della Seconda Guerra Mondiale e che, terminato il conflitto e instauratosi il primo governo della Repubblica, avvalendosi del Piano per la ripresa europea E.R.P. (European Recovery Program) meglio conosciuto come Piano Marshall, progettò la costruzione di due cosiddetti “borghi di servizio”: uno nel territorio di Canosa (Loconia) e l’altro in quello di Lavello (Gaudiano).
«Il primo nucleo abitativo ebbe la collocazione proprio nella contrada Iannarsi di proprietà dei fratelli Caporale di Canosa, i quali, con grande atto di liberalità, donarono circa cinque ettari dei loro terreni per l’erigenda borgata - continua Ieva - Concluso felicemente l’iter procedurale e appaltati i lavori alla Società Immobiliare Romana, furono subito approntati gli scavi di fondazione e le prove di carico».
La prima pietra Domenica 1° maggio 1948 fu collocata la prima pietra per la costruzione della chiesa, alla presenza dei vescovi di Andria e di Melfi (mons. Giuseppe Di Donna e Domenico Petroni), dell’allora ministro dell’Agricoltura e Foreste l’on. Antonio Segni, futuro Presidente della Repubblica, accompagnato, nell’occasione dagli onorevoli Emilio Colombo, Antonio Carcaterra e Angelo Raffaele Jervolino, presenti i dirigenti del Consorzio di Bonifica e le massime autorità civili e politiche di Puglia e Basilicata.
«Redatta la pergamena col nome di “Loconia”, ed eletto Sant’Antonio a patrono della borgata, in onore proprio dell’on. Antonio Segni, la firmarono le maggiori autorità e Francesco Saverio Caporale, anche in rappresentanza dei fratelli che avevo concesso il suolo per il villaggio. - prosegue Ieva - Impiegando oltre 400 operai, furono costruiti in sequenza la scuola, la Caserma dei Carabinieri, quattro edifici per negozi ed uffici, tutti al piano terra, con le abitazioni al primo piano; vennero realizzati i servizi di fogna bianca e nera, eseguite la bitumazione e pavimentazione delle strade interne con marciapiedi, adornandole con alberature».
Il 27 luglio del 1968 fu festeggiata la denominazione ufficiale di “Loconia”, secondo il D.P.R. n. 789 del mese precedente, alla cui cerimonia intervennero: «il sottosegretario on. Vito Lattanzio padrino della frazione, il vescovo Mons. Brustia e numerose autorità provinciali e comunali», come annunciava la Gazzetta del Mezzogiorno.
Con la «Riforma Fondiaria» (Legge 21.101950 n. 841), azione che era finalizzata alla «espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini», «spesso erroneamente retrodatata al “Ventennio” - continua Ieva - l’iniziale piccolo centro urbano progressivamente e con rapidità si sviluppò, con l’insediamento delle prime famiglie di assegnatari e anche di artigiani: fabbro, calzolaio, barbiere, falegname, spaccio, bar e un forno condotto dalla famiglia Di Francesco che ogni mattina sfornava pane scrocchiante e profumato fatto rigorosamente con farina di grano locale. Si costruirono case sparse prossime ai poderi concessi ai coloni, fornite di elettricità e di impianti irrigui; le famiglie, sempre più numerose, si trasferirono stabilmente lungo la valle dell’Ofanto, avendo, comunque, essenziale punto di riferimento e di raccolta la sempre più dinamica e frequentata borgata».
crescita e decadenza «Con l’aumento della popolazione stanziale, fu necessario ampliare l’offerta dei servizi, con l’istituzione della scuola materna, l’ufficio postale, la farmacia e l’assistenza medica affidata al dott. Franco Carella, il collegamento telefonico con Canosa, la costituzione di una banca, la “Cassa Rurale ed Artigiana”, volàno per l’economia, divenuta ancor più fiorente per i neo-imprenditori agricoli con le loro colture di seminativi, foraggiere, ortaggi, vigneti, oliveti, frutteti e con le successive piantagioni di “percoche”».
Purtroppo, la successiva crisi agricola e quella economica in generale, favorirono una rapida e graduale emigrazione al Nord Italia col miraggio del lavoro sicuro nelle fabbriche, assottigliando di conseguenza le presenze degli abitanti nella borgata e nell’indotto, giunte al ragguardevole numero di oltre tremila unità. I casolari restarono chiusi, i poderi svenduti, il neo-quartiere di Canosa sempre più disabitato.
«A distanza di cinquantacinque anni da quel Decreto (8 giugno 1968. ndr) dedicato alla denominazione “Loconia”, con un doveroso ringraziamento alla famiglia Caporale e a tutti coloro che ebbero un ruolo determinante per la fondazione della “frazione di Canosa”, - conclude Ieva - auspichiamo alla borgata la necessaria rinascita e il ritorno agli originari entusiasmi e che possa reiterare il medesimo coraggio e la stessa volontà che mossero i pionieri che a quel tempo concretizzarono un sogno: edificare la borgata il cui territorio, benedetto dal sole, dall’acqua e dalla fertile terra, possa tornare ad essere il centro propulsore per l’economia locale».