Il caso
Bat: la dottoressa era vaccinata, chiesto l'annullamento della sospensione
C'è stato un disguido per la ricezione di una Pec, accolto dal Tar il ricorso della professionista: «Non basta la revoca perché il provvedimento era immotivato»
In piena pandemia non controlla la pec e manda in ritardo all’ordine dei medici l’attestato di avvenuta vaccinazione. Vista la situazione, la sanzione della sospensione dalla professione non va revocata ma deve essere annullata, dunque come se non fosse mai esistita.
È questo il principio stabilito dal Tar di Bari (presidente Orazio Ciliberti, estensore Lorenzo Ieva) che ha dato ragione ad una dottoressa, la quale aveva trascinato innanzi ai giudici amministrativi l’ordine professionale dei medici della provincia di Barletta - Andria - Trani.
I fatti oggetto del contenzioso risalgono al dicembre del 2021, quanto in Italia si stavano sfiorando i centomila contagi per Covid al giorno. La professionista, in servizio in un ospedale della provincia e dunque fra i sanitari in prima linea nella lotta al Coronavirus, aveva regolarmente effettuato le due dosi di vaccino. Nonostante questo, però, aveva contratto l’infezione a fine ottobre, negativizzandosi alcuni giorni dopo e percui ottenendo il green pass, valido fino all’aprile successivo.
Accade che il 28 dicembre il presidente dell’ordine comunica alla dottoressa che, tramite una verifica con la piattaforma informatica, emerge che la stessa non sarebbe stata in regola con l’obbligo vaccinale, invitandola a produrre la documentazione entro il termine di cinque giorni.
La professionista, però, non controlla per tempo la pec. Una «mancanza» - per così dire - ampiamente giustificata dai giudici che parlano di «un disguido nella ricezione della pec personale, congiunto verosimilmente allo stress per aggravio di lavoro».
L’ordine, però, l’11 gennaio emette il provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione, per poi revocarlo con qualche giorno prima. La professionista, però, chiede che il provvedimento venga annullato, con efficacia retroattiva, poichè privo dei presupposti di fatto e di diritto.
E il Tar le dà ragione.
«Tra decorrenza dei predetti 5 giorni e l’applicazione della sospensione dalla professione - si legge nel provvedimento - v’è uno iato temporale, che postula la necessità di condurre “accertamenti”, peraltro abbastanza semplici da espletarsi, in ordine alla situazione concreta di vaccinazione del medico od operatore sanitario, sia attraverso approfondimenti delle banche dati sia mediante interlocuzione diretta con il professionista interessato e/o con l’azienda sanitaria datrice di lavoro. Non v’è affatto immediata consequenzialità nella surriferita legge tra omessa risposta alla Pec e atto di sospensione dalla professione! Dunque, non si comprende l’atteggiamento dell’Ordine dei medici in questione, il cui operato in stile meccanicistico-burocratico peraltro poteva pregiudicare la regolare prestazione del servizio pubblico sanitario».
La dottoressa era difesa dall’avvocato Massimo Felice Ingravalle.