BARI - Tentata rapina aggravata, in concorso, ai danni di un notaio di Lavello (Potenza). Questa è l'accusa di cui dovranno rispondere i quattro arrestati questa mattina a Bari ed Andria, dagli agenti della Squadra Mobile di Bari e del Compartimento Polizia Stradale “Puglia”. Gli arresti giungono in esecuzione di una misura cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, quattro soggetti, due baresi e due andriesi, tra cui una donna, ritenuti responsabili, in base agli elementi acquisiti nel corso delle indagini.
Le indagini, estremamente complesse, che hanno portato agli arresti in argomento, sono state condotte dalla Squadra Mobile del capoluogo pugliese e dal Compartimento della Polizia Stradale “Puglia”, con il coordinamento della D.D.A. e, attraverso una mirata attività tecnica di intercettazione e pedinamento elettronico, hanno consentito di accertare che i quattro individui avevano ideato, iniziato ad eseguire e portato quasi a compimento – nella serata del 10 dicembre scorso - un piano volto a rapinare il notaio. In particolare, è emerso dalle indagini che, nelle serate del 12 novembre e del 10 dicembre scorsi, i presunti autori della tentata rapina avrebbero attentamente pedinato il professionista, al fine di studiarne le abitudini e gli spostamenti.
Nella serata del 10 dicembre, dopo settimane di preparazione, il progetto criminale stava per giungere a compimento, perché il gruppo era in effetti entrato in azione. Ad ognuno era affidato uno specifico ruolo e precise modalità di intervento: le c.d. “bacchette” monitoravano, nel centro di Bari, i movimenti del professionista, seguendolo fin dal suo arrivo in città. Nel precedente tentativo del 12 novembre, altri soggetti avevano monitorato e presidiato le vie di ritorno, che il notaio avrebbe percorso per rientrare nella propria città di residenza, ma il progetto criminale non si concretizzava, in quanto la vittima modificava il percorso di rientro.
Sfuggiva, evidentemente, agli autori del piano, la presenza di agenti della Polizia di Stato, appostati per monitorare le mosse degli indagati, pronti ad interrompere, al momento opportuno, l’azione. Due degli arrestati sono andriesi ed uno di loro si trovava, al momento dell’esecuzione, detenuto agli arresti domiciliari nella propria abitazione di Andria, a conferma del ruolo centrale della delinquenza del nord - barese nel contesto criminale delle rapine violente a danno di imprenditori e professionisti e del fenomeno dei c.d. “sequestri lampo”. Giova ricordare, infatti, che la vicenda relativa a questa tentata rapina sventata era stata preceduta dagli arresti compiuti pochi giorni fa, il 26 gennaio scorso (sempre ad opera della Polizia di Stato su indagini coordinate dalla D.D.A. di Bari), per il tentato sequestro di persona a scopo di estorsione ai danni di un imprenditore di Barletta. Altro analogo episodio - in questo caso consumato – era già avvenuto ad Andria negli ultimi mesi del 2021, ai danni del figlio di un noto e facoltoso imprenditore andriese che, per la liberazione del proprio congiunto, aveva ricevuto una richiesta di riscatto di centinaia di migliaia di euro.
È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura cautelare odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.
Sono Luca Papapicco (barese, 45 anni), sua moglie Anna Perinelli (barese, 44 anni), Giuseppe Fratepietro (andriese, 41 anni) e Riccardo Acquaviva (andriese, 40 anni) le quattro persone arrestate dagli agenti della squadra mobile di Bari e della Polstrada con l’accusa di tentata rapina aggravata in concorso. In due occasioni, il 12 novembre e il 10 dicembre 2022, avrebbero pedinato un notaio di Lavello (Potenza) allo scopo di sequestrarlo e rapinarlo mentre si trovata a Bari. La prima volta non ci sono riusciti perché il professionista ha cambiato percorso. La seconda perché, già sottoposti a pedinamenti e intercettazioni da parte degli agenti, sono stati fermati da una volante per un finto controllo di routine che ha impedito loro di portare a termine il piano. Secondo la ricostruzione dei giudici, i quattro avevano predisposto un piano per seguire il professionista durante la sua permanenza a Bari con moglie e figlia, per seguirlo fino al suo ritorno a casa per poi bloccarlo e rapinarlo. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, gli inquirenti hanno ricostruito l'organizzazione della banda. Papapicco e Perinelli avevano il compito di pedinare il notaio a Bari a bordo della loro Fiat Punto e di seguirlo fino a Cerignola, comunicando gli spostamenti agli altri complici. A questi sarebbe invece spettata la fase finale del piano consistente nella rapina. Il primo tentativo si è verificato il 12 novembre quando, scrive il gip Angelo Salerno nell’ordinanza, gli indagati «hanno effettuato un costante pedinamento» del notaio «finalizzato al suo sequestro». Il piano è fallito a causa di «un’incomprensione emersa fra i componenti del gruppo», che hanno perso il loro obiettivo per poi essere anche disturbati dalla «presenza di altre autovetture sul luogo dove avrebbe dovuto essere consumato il fatto». Il gruppo avrebbe pianificato di tornare in azione dopo una settimana, ma la positività del notaio al Covid ha nuovamente impedito di agire, come hanno dimostrato alcune intercettazioni registrate il 19 novembre. Il successivo 10 dicembre il gruppo è tornato in azione. Papapicco e Perinelli hanno nuovamente pedinato e il notaio durante i suoi spostamenti nel centro di Bari a bordo della loro auto, senza sapere di essere controllati dalla polizia. Anche in questo caso avrebbero dovuto seguirlo fino a Cerignola, coordinando anche il controllo dei caselli autostradali da parte di presunti complici. A quel punto gli agenti hanno attivato una volante che, con la scusa di un controllo di routine, ha fermato la coppia bloccando il piano. Il gip, nel confermare le misure cautelari, ha evidenziato «l'estrema pericolosità sociale» degli indagati e l''elevata possibilità che commettano delitti analoghi» e che "si allontanino dal territorio di Bari».