C’è una notevole pressione ambientale sulla diga del Pertusillo, per le attività di stoccaggio ed estrazione petrolifera che si svolgono a monte dell’invaso, a cui si aggiungono gli scarichi urbani dei depuratori e persino quelli delle aree agricole interessate dallo spandimento dei reflui zootecnici come concimante. A certificarlo è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), all’esito di uno studio sperimentale basato sull’elaborazione di dati isotopici della sostanza organica, presente in varie matrici campione nell’invaso, finalizzata a stimarne il contributo in percentuale.
Nell’introduzione del progetto, si legge che la sperimentazione ha approfondito il livello conoscitivo «circa l’origine della sostanza organica presente nelle acque e nei sedimenti dell’invaso del Pertusillo». A pagina 16 dello studio emerge un quadro di assoluta rilevanza, leggendo quanto scrivono i tecnici dell’Ispra: «Per quanto riguarda l’attività estrattiva, oltre ai numerosi pozzi, nel bacino idrografico dell’invaso ricadono anche circa 40 punti di stoccaggio di olio combustibile. I punti ricadono per lo più nei territori comunali di Taramutola e Viggiano, e corrispondono a una percentuale di territorio pari al 20%. Tenuto conto che entrambi i comuni sono situati a monte idrologico dell’invaso, la pressione è significativa».
La relazione è, poi, arricchita da una rappresentazione concettuale della pressione rilevata, e da una mappa che dà il senso della questione. «Altro non ci sarebbe da dover aggiungere - commentano gli ambientalisti dell’associazione “Mediterraneo no triv”- se non il dato di fatto che per anni le associazioni hanno invocato l’attenzione della politica, senza però riuscire mai a ottenere un concreto impegno dai nostri rappresentanti e non solo. Forse una questione di questo genere, ossia il diritto all’acqua e alla salute, per chi vuole fare carriera politica non è una priorità. Eppure, agli agricoltori lucani si impone addirittura di pagare e sostenere costi salati, per irrigare i campi con l’acqua dei nostri invasi senza però attivarsi a proteggerne l’integrità».
Un argomento attualissimo, quest’ultimo, perché si intreccia con le tante ragioni della protesta nazionale in corso anche in Basilicata. «Quanti politici lucani e futuri candidati abbiamo visto interessarsi alla questione? - si chiedono gli ambientalisti alla vigilia delle Regionali - Quanti sindaci lucani e pugliesi hanno protestato e avversato questo progetto? Quanti cittadini si sono impegnati a dedicare 10’ per capire la condizione dell’acqua che utilizzano; per non parlare di quelli pugliesi - concludono - che forse, e ripetiamo forse, nulla sanno dello stato delle acque dei nostri invasi?».