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La protesta calabro-lucana contro l’impianto San Sago

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

La protesta calabro-lucana contro l’impianto San Sago

Dal Ministero il via libera all’«Aia» che prelude a una riattivazione del sito

Sabato 21 Ottobre 2023, 13:06

ROTONDA - L'impianto è chiuso da dieci anni. Da quando il tribunale di Paola dispose il sequestro preventivo per sospetti sversamenti illeciti nel torrente Pizzino, affluente del fiume Noce. Il sito di trattamento rifiuti denominato San Sago, in un territorio a cavallo tra Basilicata e Calabria, è da sempre guardato con timore dalla comunità calabro-lucana che gravita attorno all’area. Le acque provenienti dall'impianto arrivano nel Noce che sfocia tra Castrocucco di Maratea (Potenza) e Marina di Tortora (Cosenza). Di Trecchina (Potenza), inoltre, fa parte il primo insediamento urbano in prossimità dello stabilimento, vale a dire Piano dei Peri.

Dopo due lustri di braccio di ferro a colpi di carte bollate tra ambientalisti, proprietari della struttura ed enti locali, conditi da conferenze di servizi, oggi il caso è a una svolta: con un atto del commissario Paolo Cagnoli, nominato per gestire la complicata vicenda, il Ministero dell'Ambiente ha rilasciato l'Autorizzazione integrata ambientale, atto che va nella direzione di una riattivazione di San Sago, così come richiesto dalla società di gestione dell'impianto, la ditta Co.Gi.Fe. Ambiente Srl.
La notizia riecheggia nei paesi toccati dal fiume Noce, sei della Basilicata (Maratea, Trecchina Lagonegro, Lauria, Nemoli e Rivello) e tre della Calabria (Tortora, Praia a Mare e Aieta).

Ieri sera il comitato cittadino, nato proprio per contrastare una possibile riapertura del sito, ha cominciato a ragionare su eventuali contromosse per evitare che San Sago torni ad essere attivo. Eventualità contrastata dagli ambientalisti e da alcuni parlamentari, come il lucano Arnaldo Lomuti (M5S): «È un impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi - ricorda il deputato - come quelli speciali provenienti da industria tessile, chimica, meccanica, conciaria, macelli, lavanderie industriali, tintorie, stamperie, nonché percolati da impianti di discarica. Rifiuti provenienti da tutta Italia che metterebbero a serio rischio ambientale un territorio come quello della Valle del Noce, considerato un vero paradiso terrestre con i suoi siti di interesse comunitario». Dal punto di vista politico è bipartisan il fronte del no alla riapertura: «Siamo per la tutela dell’ambiente, della salute e per lo sviluppo del turismo. Restiamo convinti - dice il commissario regionale di Basilicata della Lega, Pasquale Pepe - che l’impianto non debba tornare a funzionare».

San Sago, lo ricordiamo, è nato più di trent’anni anni fa come impianto pubblico autorizzato al trattamento dei reflui urbani comunali. Successivamente è stato riconvertito ad impianto privato autorizzato al trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, dando il via ad una «battaglia» che vede gli ambientalisti lucani e calabresi pronti a fare le barricate.

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