La clessidra delle cure a domicilio, per chi fatica a vivere per colpa di una salute matrigna, è stata girata da tempo. L’ultima sabbiolina dell’assistenza sanitaria va giù trascinandosi il rischio di un dramma senza fine: appena toccherà il fondo, non sarà più possibile girare il verso della clessidra. Significa ce per gli 8.626 pazienti, tutti in un fascia d’età superiore ai 65 anni, potrebbero spalancarsi le porte di un disagio infernale. E con gli over 65, rimarrebbero terremotati anche quattrocento operatori dell’assistenza domiciliare.
È più di un grido d’allarme quello lanciato ieri da Carmine Vaccaro, segretario della Uil pensionati di Basilicata. Dà la notizia, che toglie il fiato, con una dovizia di particolari. È lui che parla del concreto «rischio di perdere quaranta milioni di euro destinate alla Basilicata per l’assistenza domiciliare integrata nell’ambito della missione 6 del Pnrr». Spiega: «Sì, perché a meno di una settimana dalla scadenza del termine, l’obiettivo Pnrr non è stato raggiunto. L’adeguamento alla direttiva europea sui modelli di assistenza domiciliare integrata è rimasto lettera morta. L’obiettivo fissato dalla direttiva punta a rafforzare i servizi territoriali attraverso lo sviluppo di strutture di prossimità, le case della Comunità, e il potenziamento delle cure a domicilio, fissando il livello di copertura al 10% degli over 65».
E, dunque, a detta del sindacalista della Uil, lo scenario che si apre è quello in cui «quei fondi assegnati alla Basilicata per i prossimi tre anni non potranno essere utilizzati perché l’amministrazione regionale non ha attivato alcun regolamento per disciplinare il comparto. Vale a dire tutti quegli enti e quei soggetti che attendono di essere autorizzati ed accreditati per svolgere il servizio di cure domiciliari non potranno farlo. Questo, nonostante la legge che disciplina la normativa, sia entrata in vigore dal primo gennaio 2021 e l’Intesa Stato regioni risalga al 4 agosto 2021, occasione in cui i rappresentanti dell’ente di Viale Verrastro apposero la loro firma».
Insomma, c’è stato tutto il tempo per fissare le regole e adeguarsi a norme e standard che migliorino il lavoro di chi assiste e soprattutto la cura degli assistiti. Che non sono una pattuglia sparuta: quasi novemila persone. Significa che se vivranno peggio, sarà una dannazione doppia anche per i familiari. E allora ecco che la pattuglia è in realtà un plotone.
Vaccaro marca il punto, la scadenza che, a meno di miracoli di Palazzo, è difficile che possa essere rispettata: «Il 30 marzo 2023 è il termine ultimo individuato per il definitivo passaggio di tutte le Regioni al nuovo modello di erogazione delle cure domiciliari. A far data da agosto 2021 quasi tutte hanno dato attuazione all’iter, disciplinando le procedure di autorizzazione e accreditamento. Solo Basilicata, Calabria, Molise, Valle d’Aosta e Trentino sono risultate inadempienti. Non avendo attivato la procedura ne consegue lo sbarramento all’accesso per gli operatori, ma soprattutto ripercussioni gravi sull’utenza bisognosa della prestazione. In questa dimensione si rischia di far naufragare il conseguimento dell’ingente mole di risorse che il Pnrr, nella sistemazione dell’assistenza sanitaria, sempre più indirizzata a mitigare l’accesso alle strutture ospedaliere, destina all’attuazione delle cure domiciliari».
Piove sul bagnato, attacca ancora il leader regionale di pensionati Uil: «Assenza di un Piano sanitario, atteso e promesso da Bardi e Leone, poi da Fanelli, da quattro anni. La bozza dell’Agenas, sigillata ancora in un cassetto. Liste d’attesa infinite, problemi per i dializzati nel Materano, questioni in sospeso come quella dei pagamenti con la sanità privata e adesso la tegola delle cure a domicilio a rischio. La sanità è contratta in mano ad un’amministrazione inefficiente». E ancora: «Non solo sono a rischio i 40 milioni del Pnrr, ma con il nuovo piano operativo territoriale, andiamo incontro a una realtà in cui i distretti saranno depotenziati».
Sembrano questioni slegate e lontane, in realtà sono facce della stessa medaglia: «Il Consiglio regionale su proposta della giunta, nell’ultima seduta di giovedì 23, ha approvato il cosiddetto Piano operativo territoriale, concepito proprio in linea con Il Pnrr. Tra gli obiettivi: stimolare il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza ma anche favorire la prossimità e l’appropriatezza dell’assistenza. Nel Piano approvato si passa dai nove distretti di prima ai sei di oggi. Mi chiedo se tutto ciò abbia un senso. Invece di smistare e potenziare l’assistenza sui territori, la si depotenzia. L’ottica del Pnrr va proprio nella direzione opposta: stimolare i presidi sui territori, per alleggerire il carico d’utenza negli ospedali».
Non suona esagerato allora parlare di un «bubbone sociale che rischia di portare il sistema al collasso, con anziani e fragili privati dei servizi fondamentali come l’assistenza domiciliare integrata, e buona parte dei cittadini invogliati ad affidarsi alle cure e ai servizi degli ospedali pugliesi, piuttosto che lombardi, emiliani o romani. Ma non lucani».