L'intervista
Case popolari, Bari detta la rotta per il nuovo welfare abitativo
Eurhonet sceglie la Puglia. De Nicolo: una sfida vinta da Arca
Innovazione, sostenibilità e rigenerazione urbana: questi i temi al centro della tre giorni internazionale ospitata da Arca Puglia centrale.
Da domani al 24 ottobre, infatti, Bari diventa capitale europea delle politiche abitative con la conferenza e l’assemblea generale di Eurhonet – European Housing Network. L’evento, ospitato nella sala convegni del «Mövenpick Hotel», vedrà la partecipazione di operatori dell’edilizia pubblica e sociale provenienti da tutta Europa, dall’Austria alla Svezia, passando per Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. A fare gli onori di casa sarà Arca Puglia Centrale (l’ente pubblico che si occupa di gestione delle case popolari - alloggi di edilizia residenziale pubblica - nella zona centrale della Puglia, in particolare nelle province di Bari e BAT) ente promotore dell’iniziativa e unico rappresentante mediterraneo della rete Eurhonet.
Ad aprire i lavori sarà Piero de Nicolo, amministratore unico dell’Agenzia, che gestisce oltre 20.600 alloggi nelle province di Bari e BAT.
Presidente De Nicolo, qual è il significato di questo appuntamento per Bari?
«È sicuramente un evento per la Puglia e per Bari in particolare, anche perché so che queste iniziative si svolgono nelle capitali europee. È stata scelta Bari. Ci siamo giocati questa possibilità con Parigi».
Può spiegarci che cos’è Eurhonet e perché è così rilevante?
«Eurhonet è il board delle 40 aziende casa che hanno la presunzione di essere le più prestigiose in Europa. Noi siamo entrati in Eurhonet come Arca Puglia Centrale due anni fa; io sono entrato nel consiglio di amministrazione l’anno scorso. Ogni anno Eurhonet sceglie un’azienda europea per ospitare la sua assemblea annuale: consideri che ci sono realtà provenienti da oltre dieci Paesi europei (da Parigi a Londra, da Berlino a Madrid e Barcellona). In Europa, però, il concetto di “case popolari” come lo intendiamo noi non esiste più: l’Italia è rimasta praticamente l’unica nazione con questo sistema. Gli altri Paesi sostengono le famiglie attraverso assegni di inclusione o contributi diretti all’affitto, che possono arrivare a coprire locazioni di 500, 600 o 700 euro al mese».
L’Europa sta andando verso un nuovo approccio alle politiche abitative?
«Esatto. Da quest’anno la Commissione europea ha istituito per la prima volta un Commissario designato per l'edilizia abitativa, il danese Dan Jørgensen, e sta varando un piano casa europeo. Questo nasce da un’esigenza comune: i canoni d’affitto sono schizzati ovunque, sia per il turismo che per l’aumento dei costi di costruzione. L’obiettivo non è più “diamo solo la casa”, ma “diamo casa e servizi”. In Europa si punta a evitare la ghettizzazione dei quartieri popolari, a creare comunità integrate e a fornire servizi sociali e sanitari direttamente nei quartieri».
In questo contesto, quali buone pratiche europee state importando in Puglia?
«Grazie a Eurhonet partecipiamo a confronti costanti e a 4-5 incontri l’anno in presenza. Un esempio concreto viene dalla Svezia, dove abbiamo visto modelli di gestione sociale che non guardano solo all’edificio ma anche ai bisogni delle persone: minori, anziani, salute. Da lì è nata, per esempio, la collaborazione con Asl Bari e il Comune per realizzare nel quartiere San Paolo una vera e propria “casa della salute” per 5.000 residenti, la prima esperienza di questo tipo in Italia».
C’è stata anche una riforma importante per la gestione delle case popolari in Puglia.
«Sì. Prima esistevano cinque agenzie provinciali autonome. Oggi, con la nuova legge regionale, è nato l’ente Arca Puglia, che coordina tutto e centralizza gare, servizi e investimenti, con risparmi importanti. Questo ci permette, ad esempio, di proteggere meglio gli immobili liberi da occupazioni abusive e di gestire le risorse in base alle reali emergenze territoriali».
Qual è la situazione attuale dell’emergenza abitativa in Puglia?
«I prezzi sono esplosi per effetto del turismo e della scarsità di alloggi. Oggi in Puglia un pugliese su 20 vive in una casa popolare, a Bari uno su 9. Ma non c’è rotazione: una volta entrati, si resta per generazioni, perché si può rimanere fino a 60.000 euro di reddito. Abbiamo 65.000 case popolari di proprietà delle Arca e altre 10.000 dei Comuni. Ma i canoni sono troppo bassi (25 euro al mese in medi) per coprire le manutenzioni: servirebbero circa 50 milioni l’anno solo per la manutenzione ordinaria».
Per questo parlate di «housing sociale»?
«Esatto. Dobbiamo passare da un sistema assistenziale puro a uno sostenibile, con affitti calmierati. In questo modo possiamo garantire manutenzione e inclusione sociale. In Europa funziona così: una casa a 600 euro al mese, sostenuta da contributi, permette di mantenere gli edifici e creare comunità vive».
Avete anche intercettato fondi europei per riqualificare i quartieri.
«Per la prima volta i fondi Fsc (Fondo per lo sviluppo e la coesione) includono un capitolo per le case popolari. A Bari stiamo lavorando alla riqualificazione di San Girolamo, progettata con Università degli Studi Roma Tre, e al recupero del quartiere Duca degli Abruzzi. Un’idea innovativa è quella di realizzare orti sociali sui tetti degli edifici, che funzionano anche come isolamento termico. È un modo per dare nuova vita a spazi inutilizzati e rafforzare la comunità».
Un altro tema critico riguarda le barriere architettoniche.
«Sì, abbiamo 130 persone con disabilità “prigioniere” in casa, perché molti edifici non hanno ascensori o sono guasti. Per questo abbiamo deciso di accendere un mutuo da 10 milioni di euro con Cassa Depositi e Prestiti per eliminare le barriere architettoniche. Installeremo servoscala, rampe, ascensori e spazi accessibili. Per qualcuno può sembrare un rischio, ma per me è una scelta necessaria e giusta.
In sintesi, presidente, qual è la direzione che state tracciando per il futuro?
«Dobbiamo passare da un modello statico - la casa popolare per sempre - a un sistema dinamico, sociale, europeo. Eurhonet serve proprio a questo: confrontarci, ispirarci e portare buone pratiche nel Mediterraneo. Se restiamo fermi all’idea che la casa popolare sia un diamante per sempre, condanniamo il sistema al collasso. Se invece costruiamo comunità, servizi e sostenibilità, possiamo dare risposte vere ai bisogni delle persone».