La «società della guerra» nata da una «inedita» confederazione dei due clan mafiosi di Japigia Parisi e Palermiti durò tre o quattro mesi, l’estate 2017, dopo gli agguati che insanguinarono la primavera di quell’anno, con il preciso obiettivo di «difendere il quartiere» dai tentativi di invasione di nuovi emergenti criminali. E, per farlo, i due clan decisero di fare business insieme, gestendo in condivisione il narcotraffico. Non un’alleanza, come tra organizzazioni mafiose a volte accade, ma una vera e propria «società di scopo» con cassa comune, quote (600mila euro iniziale di capitale sociale) e divisione dei compiti.
Tutto, hanno rivelato le indagini della Dda, sarebbe stato pianificato - e in seguito rivelato - dall’allora braccio destra del boss Eugenio Palermiti, Domenico Milella (poi diventato collaboratore di giustizia). Si susseguirono summit con i vertici dei due clan per organizzare la nascente «società» e, quando lo scopo fu raggiunto, cioè vincere la guerra con il rivale Antonio Busco, la «ditta» fu sciolta, riportando la situazione ai precedenti equilibri e affari, autonomi tra loro, sia dal punto di vista decisionale sia operativo...
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