il caso

Bari, i residenti dell'Umbertino chiedono un milione di danni: «Il Comune ci risarcisca per la malamovida»

Davide Lattanzi

L'iniziativa di venti abitanti della zona: noi, esasperati dalla folla e dalla musica ad alto volume. Avviata una conciliazione giudiziale

Sono partiti in 20, ma aumenteranno. Gli effetti della movida non si attenuano: così, ora per alcuni residenti del quartiere Umbertino la misura è davvero colma e chiedono un risarcimento al Comune di Bari.

Al momento, tentando la conciliazione giudiziale: uno strumento esperibile per i risarcimenti inferiori a 50mila euro. Infatti, ognuno degli abitanti della zona richiede 49.990 euro: se l’ente locale dovesse procedere alla soddisfazione complessiva di questo primo gruppo di residenti, gli eccessi dello svago serale costerebbero alle casse comunali poco meno di un milione. Un’azione forte, dunque, con l’estate ormai decollata. Quasi tutti abitano nel punto clou della movida: ovvero tra via Cognetti, via Abbrescia e Largo Adua, dove la concentrazione di locali è massima ed un imponente carico antropico si alleggerisce solamente alle prime ore del mattino pregiudicando la quotidianità di persone (in particolare di chi abita ai primi piani) impegnate in attività lavorative, di bambini e giovani in età scolare, ma anche di portatori di disabilità.

Danni patrimoniali, biologici e psicologici I residenti denunciano danni patrimoniali, biologici psicologici. Evidente, innanzitutto, sarebbe il deprezzamento degli immobili di appartenenza, situati nel cuore dell’Umbertino che negli ultimi dieci anni ha registrato un boom incontrollato ed esponenziale di attività legate alla somministrazione di cibo e bevande, giunti ormai a quota novanta esercizi concentrati in pochi isolati. Gli appartamenti, pertanto, proprio per l’acclarata invivibilità dell’area, avrebbero sensibilmente perso valore. Il diritto alla quiete e al riposo, inoltre, sarebbe pesantemente violato dagli schiamazzi che dalle 19 ininterrottamente proseguono fino alle 4-5 del mattino, nonché dai rumori musicali provenienti dall’interno degli esercizi commerciali. Immissioni che puntualmente si attesterebbero oltre la soglia di tollerabilità soprattutto nel punto critico in cui proliferano gli esercizi con un limitato spazio all’interno, basati prevalentemente sull’asporto per strada. Una congestione tale da influire anche sul traffico che viene rallentato e ostacolato, provocando i suoni prolungati dei clacson e la difficoltà per i residenti di accedere alle rispettive abitazioni. Inficiati anche la sicurezza e il decoro urbano: i residenti più volte hanno implorato controlli per verificare soprattutto la somministrazione di alcol oltre la mezzanotte, così come la mattina strade e marciapiedi, ma anche cofani e tetti delle auto si trasformano in tappeti di bottiglie e di bicchieri di plastica.

i precedenti I legali dei residenti chiedono al sindaco l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti per frenare una volta per tutte il fenomeno. L’amministrazione comunale e il sindaco Leccese sono chiamati in causa secondo vari riferimenti normativi: dall’articolo 28 della Costituzione (che estende all’ente di appartenenza la responsabilità di funzionari e dipendenti pubblici per atti compiuti in violazione di diritti), a sentenze della Corte Europea e della Corte di Cassazione che hanno stabilito risarcimenti a privati per danni provocati da attività imprenditoriali, enti pubblici, discoteche. I legali dei residenti (in testa l’avvocato Ascanio Amenduni) intimano quindi il Comune (entro il termine di 30 giorni) alla stipula di una convenzione di negozia per definire amichevolmente le richieste risarcitorie.

in attesa della nuova ordinanza Nei prossimi giorni, intanto, il sindaco Vito Leccese dovrebbe riunire per un ultimo confronto le componenti della vita notturna: residenti, esercenti, associazioni giovanili per annunciare i criteri che ispireranno la nuova ordinanza sulla movida. Il primo cittadino non vorrebbe riprendere le restrizioni sugli orari di chiusura e le modalità di asporto già adottate da ottobre a gennaio scorsi, bensì rendere «norma» il codice di autoregolamentazione proposto dai gestori dei locali. L’istituzione permanente degli «street controllers» o degli «ambasciatori del rumore», tuttavia, è vista con scetticismo da chi non ha visto cambiamenti sensibili dalle sperimentazioni fin qui tentate. In mancanza di misure più convincenti, sembra concreto il rischio di non approdare ad una soluzione condivisa. E la mozione per chiedere i risarcimento potrebbe presto moltiplicare le sue adesioni.

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