Dietro le truffe agli anziani. Chi c’è dietro la rete criminale che agisce «sotto mentite spoglie» per derubare le persone avanti negli anni, le più fragili, le più indifese? È il nuovo business del malaffare, sempre più organizzato sul modello malavitoso con gerarchie e «spartenze», nel quale si sta riciclando anche la criminalità predatoria e la malavita di piccolo cabotaggio che ha deciso di migrare verso un tipo di reato che sembra avere meno implicazioni e fa correre meno rischi. Il malaffare barese si sta riciclando e ora replica il modello dei racket napoletani.
Nell’era digitale, le truffe agli anziani sono diventate un fenomeno sempre più organizzato, con metodologie e strategie sofisticate e ben strutturate. Gli impostori nella maggior parte dei casi conoscono il nome dei loro bersagli e dei rispettivi parenti. Prima di colpire raccolgono tutte le informazioni possibili dalle cosiddette «fonti aperte»: piattaforme social, le pagine bianche online, le notizie di prima mano de relato dalle cosiddette «talpe di quartiere», basisti che conoscono il territorio e collaborano nella individuazione delle possibili vittime. Per questo, bisogna fare attenzione a coloro che si fingono amici di persone che fanno parte della propria cerchia familiare o lavorativa o quelli che, conoscendo la situazione finanziaria delle stesse vittime, cercano di acquisire particolari.
Chi si presenta sull’uscio di casa indossa una maschera, a volte una divisa ed esibisce un finto tesserino da avvocato, da ispettore dell’ufficio delle tasse o da carabiniere (l’80% dei raggiri viene costruita sulla bugia del finto militare dell’Arma). La fantasia è l’unico limite poi ci sono le tecniche di persuasione e manipolazione psicologica.
L’inganno viene costruito. C’è un periodo di studio durante il quale l’organizzazione raccoglie informazioni, pedina la vittima (o la fa pedinare dai «corvi», i basisti sul territorio), osserva le sue abitudini, controlla se riceve visite, la frequenza con la quale si recano da lei i parenti, gli orari delle badanti o delle collaboratrici domestiche.
Ognuno ha un compito preciso. Ci sono le «vedette» che osservano e seguono gli spostamento degli anziani, i «telefonisti» che agganciano la preda dagli elenchi telefonici online o dalle piattaforme social, «gli autisti» e infine i cosiddetti «attori» i truffatori che si presentano in casa recitando la parte del finto carabiniere o del finto avvocato.
Spesso sono le stesse vittime che inconsapevolmente forniscono ai predoni le informazioni che servono, semplicemente rispondendo al telefono. I centralinisti delle associazioni a delinquere si fingono operatori di call center e con il tatto necessario riescono a farsi dire se c’è gente in casa, dove vivono i figli e come si chiamano, che lavoro fanno, dove vanno a scuola i nipoti.
Raccolti i primi dati inizia il pedinamento che durano una o due settimane. Infine scatta la trappola. La vittima viene raggiunta dalla telefonata minatoria con la quale viene informato che una persona cara è stata arrestata e che c’è una cauzione da pagare: «Non si preoccupi può raggiungerla l’avvocato del suo congiunto, dia a lui il denaro e tutto verrà risolto». Il tempo di chiudere la conversazione è c’è già qualcuno dietro la porta per riscuotere la somma (in contanti e gioielli). Quando l’anziano si rende conto di essere stato ingannata è già troppo tardi. Il copione viene recitato a memoria, i truffatori cantano sempre le stesse «canzoni» che conoscono a memoria: il figlio o la figlia che ha provocato un incidente, oppure un debito alla scadenza, un tassa evasa.
Le associazioni criminali specializzate in questo genere di reati dispongono di più telefonisti, attori e autisti. Il bottino viene poi consegnato al «capomastro» che divide il guadagno in percentuali: chi rischia di meno, come l’autista, viene pagato meno. L’organizzazione tiene per sè in media tra il 20 e il 30% degli incassi e guai a chi cerca di mettersi in proprio. Se un affiliato mette a segno una truffa in solitaria, quando torna a casa trova ad aspettarlo i colleghi. È come se fosse un racket, ci sono le «menti» che restano a casa a tessere le fila della organizzazione e gli esecutori materiali.
Le regioni che fanno registrare il maggior numero di truffe in danno di over 65 per 100mila residenti sono Lazio, Emilia Romagna, Umbria, Lombardia, Abruzzo, Piemonte e Campania.
La criminalità barese si sta ispirando al modello organizzativo dei gruppi partenopei. Sulla rotta Campania-Puglia continuano a viaggiare le squadre dei professionisti più abili della truffa. Sono gite di un giorno o massimo 48 ore per Bari, con escursioni brevi e tour a tempo nei comuni della provincia. Partenze programmate da Napoli, Caivano, Casoria, Pomigliano D’Arco, San Giorgio a Cremano, ritorno in giornata o in caso di ospitalità a carico di terzi, nelle 48 ore successive alla partenza. Bagaglio leggero. Trasferimenti su auto a noleggio breve con pagamento delle spese alla partenza. Il giro prevede solitamente un passaggio obbligato per Bari e gite lampo nei comuni della provincia. Ora però la mala barese si sta mettendo in proprio.