BARI - Nessuna responsabilità, secondo la Procura, da parte dei medici dell’ospedale San Paolo per la garza «dimenticata» nell’addome di una donna e rimossa un anno e mezzo dopo durante l’intervento di parto cesareo. Nell’ultima udienza del processo che si sta celebrando - a quasi sei anni dai fatti - a carico di dodici tra medici e infermieri all’epoca, tra febbraio 2018 e luglio 2019, in servizio nel reparto di ostetricia dell’ospedale San Paolo e accusati di lesioni aggravate, il pm ha chiesto l’assoluzione per tutti.
La paziente, oggi 47enne, si è costituita parte civile. Stando alla denuncia e agli accertamenti tecnici disposti dalla Procura, la donna fu sottoposta a parto cesareo il 2 febbraio 2018. In quella occasione i due chirurghi - questa era l’iniziale imputazione - che eseguirono l’intervento «abbandonavano in addome una garza laparotomica omettendo peraltro all’esito dell’intervento» - condotta contestata in concorso anche ai due infermieri strumentisti che erano in sala operatoria - «di verificare che la conta delle garze fosse rispondente al vero tanto da sottoscrivere nella check list per la sicurezza in sala operatoria che “il conteggio finale di gare è risultato corretto”». Nelle settimane e nei mesi successivi la paziente avrebbe iniziato ad avvertire dolori sempre più forti, febbre alta e debolezza, fino a un nuovo ricovero circa un mese dopo il parto, il 6 marzo. Anche in quella occasione tutti i medici che ebbero in cura la donna, ben otto specialisti, non si sarebbero accorti della presenza della garza nell’addome. Durante la degenza in ospedale la donna fu sottoposta a una massiccia cura antibiotica che rese impossibile continuare ad allattare il figlio neonato al seno. Fu dimessa il 18 marzo con la diagnosi di una «infezione postoperatoria». Le sue condizioni, però, non miglioravano. Circa un anno dopo, la donna iniziò a fare ulteriori accertamenti clinici e il 4 luglio 2019 si ricoverò alla Mater Dei: qui finalmente fu riscontrata la presenza della garza che aveva causato la formazione di una massa con successiva occlusione intestinale. Quindi l’intervento chirurgico d’urgenza di asportazione sia della garza e poi anche di una parte dell’intestino.
La donna formalizzò la denuncia qualche mese dopo, a settembre 2019. La Procura conferì incarico per una consulenza medico legale. Sulla base delle cartelle cliniche lo specialista incaricato degli accertamenti ha ricostruito la vicenda, i ripetuti ricoveri, i sintomi, le diagnosi e le diagnosi, ritenendo documentato il «nesso causale diretto» tra il comportamento dei medici, l’abbandono della garza e l’aggravamento delle condizioni di salute della paziente, cioè le presunte negligenze dei medici e degli infermieri che avevano avuto in cura la donna nei giorni del ricovero per il parto cesareo e poi un mese dopo, nello stesso reparto, per i dolori addominali e la febbre persistente. Le indagini si sono concluse ad agosto 2020 e tre anni dopo la vicenda è approdata in un’aula di giustizia con il rinvio a giudizio di dodici medici e infermieri. Durante il dibattimento, nel quale hanno sfilato esperti e consulenti, è emerso il sospetto che quella garza fosse stata lasciata nell’addome della paziente durante un precedente intervento. Inoltre, i sintomi lamentati dalla donna non avrebbero avuto attinenza con quel tipo di problema sanitario ma con una patologia che sarebbe stata correttamente diagnosticata e trattata. La stessa Procura che aveva chiesto di processare i professionisti ne ha chiesto ora l’assoluzione. Si tornerà in aula il 29 maggio e il 6 giugno per le arringhe difensive. Il 26 giugno è prevista la sentenza.