CATANZARO L’atmosfera è pesantuccia, perché negarlo? A Bari vince il disincanto. Pensate, nemmeno l’incontro promosso dall’ex sindaco Decaro ha smosso le coscienze di una piazza tradita e disillusa. C’è poca voglia di tutto, questa è la realtà. Con le parole di Longo, compresa la spiegazione nella conferenza stampa, che hanno ingigantito un disagio ormai conclamato. La città è lontana dalla squadra, che pure finora non ha fatto malissimo. E in perenne conflitto con una proprietà che non riesce proprio a rappresentare la forza d’urto di una piazza che si nutre di ambizioni.
A Catanzaro, per fortuna, non sono tutte rose e fiori nonostante una classifica che continua a brillare al netto di due sconfitte consecutive che hanno aperto qualche piccola crepa emotiva. In un contesto così cosa volete che importi raccontare della vigilia «diversa» per Giuseppe Magalini e Ciro Polito, pronti a sfidare un passato ricco di emozioni. In Calabria c’è ancora tanto del lavoro fatto dall’attuale uomo mercato del Bari. Una base forte che il diesse napoletano ha saputo prima puntellare e poi gestire con sapienza in un campionato che non era partito benissimo. E anche qui ci sono «diapositive» dell’opera «politiana». Da Maita a Benali, passando per Dorval e Vicari.
Si affrontano due squadre che pareggiano tanto. Qualche «ics» di troppo specie qui a Bari, ormai nota come la città «non per tutti». Qui la gente vuol giocare per vincere, anche senza avere la squadra più forte. Qui è vietato vivacchiare, soprattutto nessuno ha più voglia di chiacchiere e promesse costruite su castelli di sabbia. Ecco perché questa maglia «pesa» più di altre.
Il Catanzaro gioca bene a calcio. Caserta gli ha dato una chiara identità tattica. La squadra palleggia bene e ha la «garra» che serve in B. Fase difensiva imperfetta, va detto. Ma lì davanti la certezza Iemmello. Avete presente quando si parla di attaccante di razza? È lui, senza se e senza ma. Il Bari? Sarebbe già tanta roba se si riuscisse a chiudere i conti con un recente passato troppo timido e altalenante per poter essere definito credibile. Longo si è conquistato la fama di allenatore conservatore. La verità, in alcune partite è parso davvero così. Ma altre volte s’è vista una squadra che l’avversario è andato a prenderlo fin a ridosso dell’area coinvolgendo attaccanti ed esterni in una feroce e organizzata fase di pressione uno contro uno a tutto campo. Longo paga anche una discutibile corrente di pensiero: l’allenatore fa la differenza e stravolge i valori. No. L’allenatore è importante, a volte sa essere fondamentale. Ma in campo ci vanno i calciatori. E poi, un allenatore bravo è quello che non fa danni. Quello a cui affidi un calciatore di livello e lui lo mette in condizione di esprimersi al massimo. Ovvio, se tu pensi che Longo fosse un «mago» fino a dicembre è normale che poi gi si presenti il conto. Ma non è così. Il mister ha gestito bene un processo di ristrutturazione della rosa e va ribadito. Resta un ottimo tattico, anche. Però ora c’è da pensare a meritare un posto nei playoff (Modena vincente a Pisa, sorpasso ai biancorossi che ora sono decimi in classifica). E per farlo tutti devono alzare il livello, allenatore compreso. Non sarebbe un’impresa finire nelle prime otto, vero. Ma va fatto. Per dare un senso a una stagione abbastanza schizofrenica. E per ricordarsi che qui siamo a Bari. La città... non per tutti.
