BARI - Undici anni fa era finito in carcere per una presunta mazzetta di 400 euro chiesta a una signora barese per chiudere un occhio su un presunto affitto pagato in nero: dopo la giustizia penale (che lo ha assolto definitivamente nel 2023) anche quella militare ha dichiarato «insussistente» l’accusa di collusione contestata ad un appuntato della Guardia di Finanza. Ci sono voluti sei gradi di giudizio (solo di processi militari, senza contare i tre della giustizia ordinaria) perché il 57enne Angelo Cappello riuscisse a dimostrare la propria innocenza.
La storia inizia nel 2014, quando l’appuntato viene arrestato con un collega per tentata concussione e portato nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, salvo ottenere i domiciliari pochi giorni dopo. La giustizia penale ha stabilito che a concordare le dazioni illecite fu il collega, condannato a 4 anni e nel frattempo congedato. Dalla magistratura militare, però, l’appuntato barese è stato ritenuto colpevole in primo e in secondo grado. La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Antonio La Scala, difensore del finanziere, per ben due volte ha annullato la condanna con rinvio e ora è arrivata l’assoluzione definitiva da parte della Corte militare di Appello (che per la terza volta si ho occupata del caso).