BARI - Antonio Rizzi ha confessato. Del resto gli elementi che lo collegano all’omicidio di Francesco Dogna sono tali e tanti che il 42enne non ha potuto fare altro che ammettere, fornendo comunque la sua versione di quel litigio violento culminato nel sangue.
Tossicodipendente e pregiudicato Rizzi, tossicodipendente e pregiudicato, con procedimenti penali a carico per rapina e maltrattamenti, armi e mafia, è in carcere dall’alba di ieri con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato dai futili motivi e dalla crudeltà: avrebbe infierito con almeno due armi, un coltello e un altro oggetto contundente, ferendolo 85 volte a testa, collo, spalla e fianchi.
Il delitto risale alla tarda serata del 7 gennaio, in casa della vittima, al civico 10 di via Torino nel quartiere Santo Spirito. Il corpo senza vita di Dogna, impiegato 63enne, riverso a pancia in giù in una pozza di sangue, è stato trovato la mattina dell’8 gennaio dal cognato e da un vicino di casa, preoccupati perché non rispondeva al telefono e non si era collegato sul portale dell’azienda informatica per la quale lavorava da remoto.
Le indagini - Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla pm Carla Spagnuolo, hanno preso presto una direzione precisa. L’assassino ha lasciato sulla scena del crimine innumerevoli tracce: sangue, audio con voce, video, l’auto della fuga. Oltre ai racconti di amici, parenti e vicini di casa della vittima che agli investigatori hanno raccontato dei sospetti su una persona in particolare, un «tossicodipendente», un «malavitoso» che in tempi recenti avevano visto a casa di Dogna e che la stessa vittima aveva definito tale: «quello è un malavitoso, maledico il giorno in cui l’ho invitato a casa mia» avrebbe confidato ad un amico...