Il caso
Tangenti e favori alla Asl Bari, interrogato Iacobellis. Ma nessuna ammissione davanti ai pm
Secondo quanto emerso il funzionario non sarebbe stato particolarmente collaborativo con gli inquirenti. L'indagine prosegue
BARI - BARI Anche Nicola Iacobellis ha chiesto di parlare. Ma non avrebbe ammesso i favori e le tangenti che gli imprenditori interessati agli appalti per i lavori edili della Asl di Bari avrebbero dato a lui e alla moglie Paola Andriani. A un mese dall’arresto in carcere (12 novembre), e dopo che già l’ex collega dirigente Nicola Sansolini aveva confermato di aver preso le mazzette, pure l’altro ingegnere barese ha parlato con il procuratore Roberto Rossi e la pm Savina Toscani: l’interrogatorio, però, si è concluso in poco tempo.
Iacobellis, ingegnere, 59 anni, che in sede di interrogatorio di garanzia aveva deciso di non rispondere, oggi (con gli avvocati Alessandro Faggiani e Antonio Portincasa) ha invece provato ad alleggerire la propria posizione. Non è chiaro se ci sia riuscito. Durante le perquisizioni ai coniugi sono stati trovati 173mila euro in contanti, e in particolare a lei sono state sequestrate due borse di Vuitton e 21 pezzi di gioielleria (tra cui due bracciali di Hermes e uno di Vuitton, un «Dodo» di oro bianco, un tennis, svariati anelli di oro) ritenuti contropartita dei favori fatti agli imprenditori almeno dal 2021 e fino al giorno dell’arresto.
Così come per l’ingegnere tarantino, a incastrare il collega barese ci sono le immagini delle telecamere che mostrano la consegna dei soldi, le mazzette contate in ufficio e i passaggi di denaro: c’erano microcamere nella Mercedes di Sansolini, nella Juke di Iacobellis, nella Smart del costruttore Giovanni Crisanti e nella Volvo di Ignazio Gadaleta, l’altro imprenditore arrestato che ha ottenuto i domiciliari dopo aver parlato. E poi ci sono anche le intercettazioni in cui si parla dei regali, dai gioielli alle forniture per la ristrutturazione della nuova casa dei coniugi a poca distanza dalla sede della direzione generale della Asl. In quel cantiere hanno lavorato, a titolo di favore, alcuni dei costruttori arrestati.
L’accusa ipotizza l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione propria, ma – è la tesi della difesa – in realtà non ci sarebbe stato alcun accordo tra i dirigenti della Asl: ciascuno chiedeva agli imprenditori ciò che riteneva. E non ci sarebbero appalti truccati, dunque si ricadrebbe nella (meno grave) ipotesi di corruzione impropria, perché le utilità sarebbero state date in cambio di atti che rientravano nei doveri d’ufficio.