Solidarietà
Bari, Villaggio Berukhà: sostegno e amore ai disabili «tra l'indifferenza delle istituzioni»
Il presidente Pietro Caroli : «Siamo la prima struttura in tutta la provincia accreditata con la struttura sanitaria proprio nella gestione di adulti con disabilità»
BARI - Una struttura, il Villaggio Berukhà, che nell'assistenza ai disabili adulti è un fiore all'occhiello, una associazione la «Custodi del creato» che si occupano di assistenza a persone fragili con un amore unico, una convenzione firmata con la Asl Bari che ne fa la prima struttura in tutta la provincia accreditata con la struttura sanitaria proprio nella gestione di adulti con disabilità. Potrebbe essere una storia bellissima ed invece nasconde dietro tanta amarezza per la solitudine nella quale sono stati lasciati per primi dal Comune.
«Abbiamo inaugurato questo centro in via Lenoci nell'autunno del 2016 – racconta il presidente dell'associazione Pietro Caroli – dopo aver avuto il suolo grazie ad un bando comunale. Una avventura iniziata quasi dieci anni prima nel 2007. Qui dove ora c'è il centro, il giardino, la struttura dove ospitiamo i nostri ragazzi, non esisteva nulla, se non erba alta e alberi. Grazie a fondi europei abbiamo fatto il progetto e realizzato la sede con l'appoggio anche del Comune di Bari che ci ha garantito la necessaria fideiussione. Solo che i problemi sono iniziati da subito. Dovendo scavare per realizzare la struttura, ci siamo trovati con tantissimo materiale di risulta da smaltire, una spesa di 22mila euro che esulava da quanto potevamo spendere noi. Una cifra che sarebbe dovuta essere a carico del Comune. Abbiamo scritto pec, telefonato agli uffici preposti, anche il nostro legale, senza alcuna risposta».
Il dolore è nella voce del professor Caroli. «Non voglio passare per uno che piange, noi qui siamo abituati a combattere, ma il silenzio istituzionale fa male. Non voglio i tappeti stesi, ma un po' di attenzione sì, e invece sono tre anni che combattiamo i mulini a vento. Da quella spesa imprevista, aggiungiamo una serie di errori da parte del progettista, che ci ha costretti ad una seconda spesa imprevista di 250mila euro, i debiti si sono accumulati. I creditori hanno iniziato a bussare. Il Comune ci aveva dato la prima fideiussione, che ci ha permesso di avviarci, abbiamo chiesto che ci desse una seconda fideiussione per poter pagare i nuovi debiti, ma anche in questo caso il silenzio è l'unica risposta che abbiamo ricevuto. Fa male, è molto amaro tutto questo».
Grazie all'avvocato l'associazione è riuscita ad ottenere la composizione negoziata della crisi, ha sottoscritto un accordo con i creditori e sta pagando. «Ma è tutto più pesante, mentre con una seconda fideiussione sarebbe stato tutto più facile. Ho dovuto persino impegnare il mio tfr di docente in pensione. Se non avessi pagato una sola rata avrei rischiato di perdere tutto e forse ci sarebbe stato qualcuno pronto ad approfittarne».
La struttura in via Lenoci è una piccola oasi di bellezza. Al momento ospita in attività diurne 19 adulti con una età compresa tra i 18 e i 54 anni.
«Sentirli ridere è la nostra gioia – conclude Caroli -. Io qui ho 10 persone assunte, più i collaboratori. Siamo una impresa che si occupa di persone con patologie motorie e psichiche con un rapporto uno a cinque. Pochi possono garantire la nostra assistenza. Ho liste di attesa lunghissime. Mi aspettavo più attenzione istituzionale, se non altro per il servizio che garantiamo».
LA STORIA
Annamaria è una disabile totale che da anni combatte contro il progredire della sclerosi multipla a placche. Vive in una villa a Noicattaro con una sentenza di sfratto esecutivo imminente: entro il 4 luglio deve lasciare la sua abitazione. Vorrebbe riuscire ad andar via, a trovare un'altra casa, ma oltre alla difficoltà di trovare un alloggio idoneo alla sua situazione fisica, si sta scontrando con un muro di discriminazioni. I proprietari gli negano l'affitto quando scoprono che è malata.
«Non so più che fare e sono disperata. Io voglio andarmene da questa casa, ma se non ne trovo un'altra come faccio? - dice quasi piangendo -. Ho bisogno di più tempo. I miei genitori mi hanno lasciato una casa, ma l'avevo affittata. A sua volta sto dovendo mettere fuori l'affittuaria, una madre disoccupata con figli e questo mi sta facendo sentire male...».
Annamaria ha un nodo in gola che le spezza la voce, è una donna orgogliosa, che ora deve combattere una esistenza difficile. La casa dove vive e dalla quale è stata sfrattata è la villa dove viveva con il marito, prima che diventasse ex e la cacciasse.
«Sono anni che devo sempre combattere, ora anche contro chi mi discrimina in quanto disabile. Con il mio ex marito avevamo una attività commerciale. Lavoravamo insieme. Mi ha fatto questa casa quasi su misura per la mia malattia, ma dalla separazione nel 2014 tutto è cambiato, mi sono trovata di fronte un altro uomo. Ora è arrivato lo sfratto, senza che mi pagasse alimenti, parte del mio tfr, che non ha versato, e soprattutto nonostante paghi quanto devo. Da 3mila euro di alimenti alla fine oggi mi versa si è no 600 euro al mese, solo di assistenza diurna ne pago io 750».
Attorno ad Annamaria si sono stretti tanti amici. L'obiettivo è cercare di convincere il giudice a garantire una proroga di un paio di mesi, per far in modo che Annamaria abbia il tempo necessario a trovare un'altra abitazione. In casa ci sono pacchi e pacchetti ovunque.
«Io voglio andare via – ripete con un fil di voce -, ma nella mia condizione è tutto difficilissimo. Per favore, ho bisogno di aiuto. Addirittura l'ingiunzione di sfratto prevede la presenza della forza armata. Contro di me disabile totale. Mi troverò carabinieri e polizia che mi prenderanno di peso per cacciarmi di casa? Io ad oggi non so dove andare».
Gli amici hanno anche contattato il sindaco di Noicattaro (comune di residenza di Annamaria) per cercare di trovare una soluzione. Il sindaco si è detto disponibile, ma una qualsiasi soluzione ha bisogno di tempo, quello che ad Annamaria non è concesso.
«Vi prego che qualcuno mi aiuti. Non voglio pietà, vorrei poter trovare una casa che sono in grado di pagare. Vorrei solo un po' di tempo perché quello che un normodotato può fare in una settimana, per me è un impegno di mesi».