Le dichiarazioni della presunta vittima erano state ritenute sufficienti per far scattare l’arresto. Al dibattimento, però, il racconto della donna non aveva convinto. E così i giudici, al termine del processo, avevano assolto l’imputato. Intanto, però, Franco Rizzi, di Monopoli, oggi 66enne, a cavallo tra il 2009 e il 2010 ha trascorso un anno tra carcere e domiciliari. Una detenzione ingiusta ha stabilito adesso la seconda sezione penale della Corte d’appello di Bari che ha riconosciuto a suo favore un indennizzo di 67.272 euro.
È il 4 dicembre 2009 quando la vita di Franco Rizzi, all’epoca 54enne, oggi pensionato, cambia improvvisamente. I carabinieri, infatti, lo arrestano con le accuse di violenza privata, rapina e lesioni. Rizzi finisce in cella per 210 lunghissimi giorni ai quali si aggiungono altri 152 giorni di domiciliari. A denunciarlo la donna che lui frequentava all’epoca. L’avrebbe trattenuta per il polso, si sarebbe impossessato del suo telefonino, l’avrebbe picchiata colpendola sul naso. Ma quando la donna si presenta in udienza non conferma le dichiarazioni accusatorie. La sorella dichiara addirittura che la sera della presunta aggressione la presunta vittima era tornata a casa dicendo: «Lo faccio arrestare». Sempre in aula emerge che sempre la presunta vittima era in cura presso il Servizio di igiene mentale; che soffriva di una patologia che incideva sul suo carattere sino al punto da causarle problemi di socializzazione. Quanto alle ecchimosi sul volto è emerso che spesso batteva il naso su diverse superfici dal momento che soffriva di giramenti di testa a seguito dei quali perdeva l’equilibrio. Anche l’accusa di averle rapinato il cellulare si scioglie come neve al sole.
E così, nel 2017 l’uomo, assistito dall’avvocato Michele Mitrotti, viene assolto dal Tribunale di Bari «perché il fatto non sussiste». Divenuta definitiva l’assoluzione, inizia così il procedimento per ingiusta detenzione. I giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Bari, condividendo le argomentazioni dell’avvocato Mitrotti, hanno riconosciuto ora l’indennizzo vista la «insussistenza in capo al ricorrente di qualsivoglia profilo di dolo o colpa grave nella genesi e nella protrazione della privazione della libertà personale sofferta ingiustamente tenuto conto che il Rizzi pure in sede di interrogatorio di garanzia ha negato gli addebiti», si legge nel provvedimento.
Quanto vale la sua sofferenza? Si applica il parametro aritmetico individuato dalla Cassazione. A Rizzi è stata riconosciuta la somma massima: 235 euro per ogni giorno di carcere e 117,91 euro per ogni giorno di arresti domiciliari uguale, appunto, 67.272,32 euro.