Il processo
Bari, Punta Perotti: il danno può arrivare a 212 milioni
Individuata una forbice che parte da 174 mln, 30 in più rispetto al primo elaborato
Il conto cambia. E diventa ancora più salato. Sempre che, naturalmente, i giudici condannino nel merito Comune, Regione e ministero dei Beni Culturali. I costi sostenuti, e quindi gli eventuali danni subiti dalla Sudfondi oggi in liquidazione per l'abbattimento dei palazzi di Punta Perotti, rientrano in una forbice compresa tra 174 a 212 milioni di euro, in ogni caso ben superiori ai 144 milioni della prima stima di ottobre. Un altro punto fermo riguarda la congruità dei costi di costruzione dei fabbricati sostenuti dagli imprenditori Matarrese rispetto ai prezzi di mercato dell'epoca e riconosciuta anche dagli esperti nominati dalla Corte d'Appello di Bari.
Si tratta dell’ennesimo strascico giudiziario sui palazzi in costruzione demoliti nel 2006 sul lungomare a sud (sarebbe meglio dire est), lì dove oggi sorge un parco pubblico su un suolo privato. Bene, a parte i 37 milioni di euro riconosciuti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per il solo mancato godimento dei suoli a causa della confisca illegittima disposta dalla magistratura, i costruttori prima e i liquidatori nominati al loro posto dal Tribunale, poi, hanno lamentato altri ingenti danni. La terza sezione civile della Corte d'Appello, evidentemente ritenendo quanto meno meritevole di approfondimento la richiesta della società, aveva disposto nel marzo 2019 una «super perizia» per quantificare l’esatto ammontare dei danni lamentati. E per farlo, decise di andare lontano da Bari. Il collegio di periti composto dalla professoressa Gabriella Giorgi, docente di diritto amministrativo dell’Università del Salento, dal presidente dell’ordine degli ingegneri di Lecce, Raffaele Dell’Anna e dal vicepresidente dell’ordine dei commercialisti di Brindisi, aveva comunicato le sue conclusioni lo scorso ottobre proprio negli stessi giorni in cui la Fallimentare aveva dato il via libera al concordato di Sudfondi. Il danno era stato quantificato in 144 milioni di euro circa. Ieri, la correzione al rialzo a seguito delle osservazioni delle parti in causa. Sostanzialmente accolte le osservazioni dei legali della Sudfondi in liquidazione, assistita dai prof. Vincenzo Chionna e Michele Lobuono con advisor lo studio Pellecchia.
E’ chiaro che si tratta di un risarcimento solo teorico di cui oggi si ha una indicazione numerica. La parola fine spetta infatti alla Corte d’Appello che valuterà nel merito se la richiesta è fondata, ed eventualmente alla Cassazione. Se i giudici dovessero stabilire che ha ragione Sudfondi, una ingente somma finirebbe nell’attivo a favore dei creditori che sarebbero ampiamente soddisfatti, nell'ambito della procedura concordataria omologata. Il conto, salatissimo, sarebbe presentato a Comune, Regione e Ministero (questi ultimi due enti in relazione a pareri e autorizzazioni della Sovrintendenza forniti all’epoca della lottizzazione). Gli Enti nel merito avevano avuto ragione in primo grado, ma Sudfondi aveva fatto appello. Insomma, se i giudici dovessero dare ragione alla società ormai in liquidazione, c’è una perizia, quella depositata ieri, che li quantifica. Si va dalle spese legali sostenute nel lungo contenzioso a quelle pagate dagli imprenditori per i progetti; dall’Ici agli oneri di urbanizzazione pagati al Comune; dai lavori di costruzione alle fideiussioni in favore degli acquirenti, all’indebitamento della Salvatore Matarrese Spa oggi a sua volta in concordato, ai mancati ricavi, al controvalore dei suoli sui quali oggi sorge il Parco della Legalità, la lista della spesa è infinita. Tutti danni, hanno stabilito i periti, che non coincidono, essendo ulteriori rispetto al danno già risarcito dalla Cedu. Adesso, con tutti gli elementi a disposizione, alla prossima udienza, in aprile, la Corte potrebbe riservarsi per la sentenza.