Bari, divampa incendio in abitazione, 60ennne salvo per miracolo
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Massimiliano Scagliarini
19 Gennaio 2021
A due mesi dal sequestro dei padiglioni Asclepios e Chini il problema della legionella nel Policlinico non è ancora stato risolto. È per questo che, secondo la Procura di Bari, non bastano i tre mesi di interdizione a carico dei manager dell’ospedale decisi a dicembre dal gip Giuseppe De Benedictis: ne servono 12, o comunque almeno sei così come prevedono nella parte di motivazione le ordinanze del 7 dicembre. Forse un refuso, che nel loro appello al Tribunale del Riesame la pm Grazia Errede e il procuratore aggiunto Alessio Coccioli chiedono di correggere.
Ma nell’udienza fissata a giovedì 28 si discuteranno anche gli appelli del direttore generale Giovanni Migliore, del direttore sanitario Matilde Carlucci e del responsabile tecnico Claudio Forte. Una battaglia di carte per stabilire se, come ritiene l’accusa, i vertici del Policlinico di Bari si siano scientemente rifiutati di mettere in atto le misure necessarie a bonificare i reparti dalla legionella, causando così il decesso di quattro pazienti. O viceversa se, come sostengono i difensori, sia stato fatto tutto il possibile.
Carlucci (con l’avvocato Michele Laforgia) ritiene infatti totalmente sbagliata l’impostazione dell’accusa, basata sulle indagini dei Nas: né le linee guida nazionali né quelle della Regione «prescrivono la chiusura dei reparti ospedalieri, tantomeno in presenza di un solo caso nosocomiale e di una fonte d’ispezione sospetta». L’utilizzo della monoclorammina, suggerita dal consulente tecnico della Procura, non può essere ritenuto una soluzione al problema perché si tratta di una sostanza «considerata sperimentale in Italia per la possibilità di generare nitrosammine cancerogene». E, sempre secondo la difesa, non è nemmeno certo il nesso di causalità tra la legionella e i quattro decessi: in un caso, ad esempio, il batterio rilevato nel paziente è di tipo diverso da quello trovato nelle analisi sulle acque del reparto.
L’accusa (e il gip) sono ovviamente di opinione diversa. E, riprendendo l’argomentazione in base a cui in due anni dal primo decesso ci sarebbero state solo «missive su missive» e nessun atto concreto per risolvere il problema della legionella, ritengono che i vertici del Policlinico non possano essere rimessi al loro posto. Esisterebbe dunque il rischio - scrive l’accusa - di reiterare il rifiuto di atti d’ufficio: «una volta che riprenderanno le funzioni a loro interdette», i manager potrebbero semplicemente continuare a non fare nulla.
L’interdizione dei vertici dell’ospedale (lunedì il gip interrogherà il medico della direzione sanitaria Giuseppe Calabrese, che però nel frattempo ha rinunciato alle responsabilità connesse con la legionella così da far venire meno i presupposti di una possibile sospensione) dovrebbe scadere il 6 marzo. La decisione dell’appello avrà risvolti anche sulle decisioni della Regione, perché il Policlinico di Bari al momento è retto da un commissario, Vitangelo Dattoli. Il contratto di Migliore scade a settembre. Se il Tribunale dovesse accogliere la sua richiesta, la Regione dovrà valutare la possibilità di reintegrarlo: trattandosi di contratti dirigenziali di diritto privato, quelli dei direttori generali possono essere rescissi in qualunque momento. In caso di accoglimento dell’appello della Procura, ovviamente le cose si complicherebbero.
Negli scorsi giorni, intanto, il Policlinico ha provveduto al trasferimento dei reparti di degenza dal padiglione «Chini», così da poter effettuare la bonifica dalla legionella. Si tratta di attività molto complesse e molto costose che potrebbero richiedere alcuni mesi. Ma intanto le indagini della Procura vanno avanti per stabilire le eventuali responsabilità di chi aveva l’appalto di manutenzione della rete idrica.
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