BARI - Nel Policlinico di Bari esisteva «una netta distinzione tra le funzioni programmatorie di indirizzo e controllo della direzione e le responsabilità della dirigenza tecnica». E dunque il direttore generale Giovanni Migliore non era direttamente responsabile delle attività di eliminazione della legionella che secondo la Procura di Bari non sarebbero state fatte, causando quattro decessi.
È su queste basi che il manager palermitano ha presentato (con l’avvocato Carmelo Piccolo) appello al Tribunale della Libertà contro il provvedimento del gip Giovanni De Benedictis che lo ha interdetto per tre mesi.
L’indagine riguarda i padiglioni «Chini» e «Asclepios», sequestrati a novembre con facoltà d’uso dal procuratore aggiunto Alberto Coccioli e dalla pm Grazia Errede: l’accusa contestata a cinque persone è omissione di atti di ufficio, cioè la bonifica mai fatta che avrebbe avuto come conseguenza il decesso di quattro persone tra 2018 e 2020. Migliore ha già fatto presente nell’interrogatorio di garanzia che il suo arrivo a Bari è datato settembre 2018, e che – in particolare – la situazione del «Chini» era nota da prima, fin dai tempi del suo predecessore Vitangelo Dattoli oggi tornato al Policlinico come commissario per decisione della Regione. È Dattoli – emerge dagli atti – ad aver firmato nel 2010 il contratto con la ditta appaltatrice Siram, i cui responsabili hanno ammesso che almeno fino al 2018 veniva eseguita solo uno dei due «controlli batteriologici» previsti annualmente dal protocollo in uso all’epoca. E la delibera di giunta regionale che - secondo l’impostazione accusatoria – avrebbe reso obbligatoria l’adozione di un Piano di sicurezza delle acque, risale al 2015: se l’obbligo c’era – cosa che Migliore smentisce («Mi risulta non essere stato adottato in nessuna azienda sanitaria pugliese e in nessuna azienda sanitaria italiana») – allora risaliva anch’esso al suo predecessore.
In ogni caso, la linea di Migliore è che al direttore generale spetta occuparsi dell’«alta amministrazione», cioè di «recepimento degli indirizzi di politica sanitaria della Regione». Tanto che a febbraio 2019 una delibera ha assegnato le deleghe ai dirigenti delle aree tecniche sottolineando – ha spiegato Migliore al gip - «la netta distinzione tra le funzioni programmatorie di indirizzo e controllo della direzione e la responsabilità della dirigenza tecnica. Il direttore generale esprime una funzione di governo di direzione, di indirizzo e controllo complessiva e generale non ascrivibile ad aspetti di amministrazione attiva». Il piano per gli interventi di pulizia e manutenzione idrica dei padiglioni è del gennaio 2020, mentre a febbraio vengono installati «impianti per il dosaggio continuo di prodotti anti-legionella» (fino a quel momento mai usati almeno nel «Chini»), formalizzando poi a settembre l’interlocuzione con l’Istituto superiore di Sanità partita già a febbraio.
La Procura contesta però che queste attività siano state avviate soltanto dopo l’intervento dei Nas nella sede del Policlinico, con l’acquisizione (gennaio 2020) della documentazione sui primi decessi e l’avviso di garanzia a Migliore, al direttore sanitario Matilde Carlucci (pure lei interdetta), al direttore amministrativo Tiziana Dimatteo e all’ingegnere Claudio Forte (responsabile dell’area tecnica, interdetto): secondo il gip Migliore avrebbe dovuto sorvegliare e di fronte a inefficienze gestionali avrebbe anche potuto sostituire il direttore sanitario. Anche gli altri indagati stanno valutando il ricorso contro l’interdizione.