BARI - Le tute modello Iwode Protection, acquistate dalla Regione Puglia dalla Cina e consegnate in settimana, non sono «conformi alle disposizioni di legge».
Lo sostiene il presidente dell’Ordine degli infermieri di Bari, Saverio Andreula, in una diffida inviata al governatore Michele Emiliano. «La qualità del materiale - dice Andreula - e per le caratteristiche tecniche che descrive la confezione confermerebbero che le tute sono utilizzabili esclusivamente per la protezione meccanica e non già, com'è in obbligo, per la protezione da rischi di contaminazione biologica».
«Le tute - si legge ancora - assegnate al personale sanitario per le unità operative di degenza in area Covid-19, per le caratteristiche che presentano, sono state utilizzate in Cina per le sole attività di sanificazione degli ambienti».
Il modello non ha il marchio CE e non è al momento certificato dall’Inail. In una circolare inviata ieri, 9 aprile, al presidente Emiliano e al dipartimento regionale Salute, a firma di Donato Sivo, coordinatore del Sistema regionale di gestione integrata della sicurezza sul lavoro, viene però evidenziato che «le tute di protezione sono state certificate secondo gli standard in vigore nella Repubblica Popolare Cinese» e che «tali standard sono sovrapponibili a quelli in vigore in Italia» e «si sono rilevati adeguati al contenimento dell’epidemia».
Nel documento si evidenzia che vista «l'assoluta indisponibilità di tute protettive della categoria 4 per rischio biologico certificate secondo gli standard europei», l’utilizzo di quelle arrivate dalla Cina «non può che ridurre i rischi».
LA REPLICA - «Le tute acquisite dalla Cina, consegnate con il volo aereo del 7 aprile, sono le stesse utilizzate dal Governo cinese per combattere la pandemia COVID-19 a Wuhan, ma anche nel resto del Paese ed in altri luoghi nel mondo. Si tratta di dispositivi di protezione individuale prodotti per il mercato cinese, che rispondono a standard (GB 19082-2009), sovrapponibili a quelli europei (EN 14126 per cat. 4-5-6). La mancanza del marchio CE, dovuta ad evidenti motivi geografici (le tute non erano originariamente destinate all’esportazione e solo la richiesta della Regione Puglia e l’accordo con il Governo Regionale del Guandong le ha rese disponibili) è superata dalle disposizioni di emergenza adottate nel contesto emergenziale dalla Protezione Civile ed anche dalle stesse raccomandazioni della Commissione Europea 2020/403 del 13 marzo 2020 "sulle procedure di valutazione della conformità e di vigilanza del mercato nel contesto della minaccia rappresentata dalla COVID-19". In tale documento si dà atto della "possibilità che gli Stati membri autorizzino deroghe alle procedure di valutazione della conformità", inoltre "Anche i DPI o i dispositivi medici privi della marcatura CE potrebbero essere valutati e far parte di acquisti organizzati dalla autorità competenti degli Stati membri, purché sia garantito che tali prodotti siano resi disponibili unicamente agli operatori sanitari». Così il dirigente della Protezione civile regionale, Mario Lerario, replica al presidente dell'Ordine degli infermieri di Bari.
«Pertanto, stante la totale mancanza di dispositivi di sicurezza ed in particolare di tute di protezione per il personale sanitario, e verificata l'impossibilità di reperire tali materiali in Italia e neanche in Europa come è noto, si è determinata una situazione estrema di necessità ed urgenza. In detto contesto l'Unità di Crisi della Regione Puglia ha inteso operare secondo buon senso, disponendo la distribuzione delle tute protettive che, a parte l'aspetto formale della mancanza del marchio, rispondono pienamente alla funzionalità richiesta. Immediatamente sono state avviate le procedure formali presso l'INAIL per ottenere il riconoscimento dei DPI, ed è stato richiesto ai tecnici e consulenti della struttura di supporto di effettuare ogni ulteriore test di verifica. Ad ogni buon conto le tute di protezione sono atte a ridurre il rischio e proteggere gli operatori sanitari e la loro mancanza avrebbe creato alti rischi per il personale o in alternativa avrebbe bloccato completamente le attività sanitarie».