È stata discriminata sul posto di lavoro perché transessuale, insultata e infine cacciata a spintoni per uno smalto rosa. È la vicenda di Aurora (nome di fantasia), 23enne di Bitonto (Ba), impiegata in nero come lavapiatti in una sala ricevimenti alle porte del capoluogo, che nei giorni scorsi ha ottenuto dal datore di lavoro il risarcimento dei danni morali per quanto subito.
L’episodio risale a dicembre. Lavorava lì da un anno. All’epoca era un ragazzo ma in quei dodici mesi aveva cominciato un percorso di transizione. Alcuni mesi fa, in una normale giornata di lavoro, si era presentata in cucina con lo smalto rosa. Oggi è una donna a tutti gli effetti, fa la modella (con 1,96 mt di altezza), ed è seguitissima su Instagram, dove è iscritta con un profilo che conta oltre 55mila seguaci.
«Non l’aveva nemmeno sfiorata il pensiero che a qualcuno potesse dare fastidio. Tutti sapevano chi lei fosse davvero», scrive Arcigay Bari su Facebook raccontando la storia. Così le sono cominciati a piovere «orribili commenti a bassa voce», è stata «derisa» e «accompagnata alla macchina a suon di insulti e spintoni. Va via in lacrime».
Ma non è tutto. Con il passare del tempo, i commenti nei confronti di Aurora sarebbero diventati pesanti, e del seguente tenore: «Questa ormai è diventata la sala dei ricchioni», «Quando sei entrato qui a lavorare eri maschio, qui dentro devi essere un maschio, fuori fai quello che vuoi». Ha quindi deciso di rivolgersi ad Arcigay che, tramite l'avvocato Mate Carvutto dello studio legale Key Law, ha avviato un procedimento civile per risarcimento danni che si è concluso, senza arrivare in un’aula di Tribunale, con una conciliazione tra le parti.
Il lungo messaggio social di Arcigay Bari si conclude con un nuovo appello alla Regione Puglia ad «approvare immediatamente il disegno di legge contro l’omobitransfobia, fermo da due anni», nel quale «è prevista anche la promozione di politiche di inserimento e la parità di accesso al lavoro».