Il commento
«Lamerica» 30 anni fa, eppure oggi non sarebbe meglio
Trent’anni fa, proprio nella giornata di oggi, “Lamerica” era qui, sotto casa, lungo la costa adriatica tra Bari e Brindisi
Trent’anni fa, proprio nella giornata di oggi, “Lamerica” era qui, sotto casa, lungo la costa adriatica tra Bari e Brindisi. Non possiamo vivere di ricordi, perché solo i vecchi vivono di ricordi; possiamo invece far memoria di quella “Lamerica” per darne una prospettiva, interpretare il presente e delinearne un futuro.
Correva il 1991, mese di febbraio, quando lungo la costa sud Barese e nord Brindisina cominciarono alla spicciolata i primi sbarchi di profughi albanesi. Perlopiù giovanotti vestiti alla meglio e acconciati modello Anni ’70, erano poveri e con gli occhi sbarrati, incuriositi dal nostro benessere europeo e insofferenti alla repressione politica, culturale e sociale di un regime comunista ormai caduto. All’inizio di marzo, quegli sbarchi non furono più isolati, non interessarono più soltanto piccoli gruppi di giovani maschi, che in cerca di fortuna si dispersero nelle campagne o percorsero a piedi la statale per raggiungere i centri abitati della zona o i due capoluoghi. Nei primi giorni di marzo, la primavera incipiente e il mare clemente favorirono un afflusso massiccio dall’Albania e infatti – nonostante le nuove leggi piuttosto refrattarie e le disposizioni che si susseguivano da Roma – la Capitaneria fece attraccare in porto a Brindisi due grossi pescherecci trasformati in navi-traghetto per intere famiglie, nonni e bambini compresi. Cominciò l’emergenza in Puglia, e fu un inferno per Roma.
Quello di marzo fu solo il preludio di ciò che sarebbe avvenuto a Bari di lì a pochi mesi, ad agosto (l’8 agosto, per l’esattezza), con l’arrivo della “Vlora” carica di ventimila profughi aggrappati fin sul pennone della nave, in mutande e affamati. Ma questa è una storia successiva. Oggi ci interessa quanto avvenne a Brindisi, perché Brindisi in quei giorni divenne all’improvviso l’ombelico di un’Europa del tutto impreparata al fenomeno migratorio e l’epicentro di un terremoto politico e sociale per l’Italia. Sulla banchina del porto di Brindisi si riversarono in poche ore migliaia di persone, che lì rimasero per giorni, utilizzando i soli gabinetti della stazione passeggeri. Fu subito emergenza.
Di quel 5 marzo facciamo memoria per farne tesoro. L’Italia peggiore dimostrò tutta la sua impreparazione rispetto ad emergenze di protezione civile, che da lì infatti fu potenziata e migliorata. L’Italia espose alla finestra il proprio volto politico peggiore, per l’incapacità di affrontare la bomba sanitaria che lo sbarco comportò: resta indimenticabile l’imbarazzo del ministro che si presentò in conferenza stampa in prefettura a Brindisi bofonchiando gonfio come una rana e che si alzò e se ne andò alla prima domanda troppo discola e perciò ritenuta impertinente.
In quei disastrosi giorni di bivacchi improvvisati lungo il molo del porto di Brindisi, l’Italia migliore aveva sangue soprattutto pugliese. Era l’Italia della solidarietà, era la Puglia delle famiglie che rinunciarono alla coperta di troppo per donarla a chi dormiva all’addiaccio, era la comunità di Brindisi o di Monopoli che aprì le porte di casa per consentire una doccia o un pasto caldo alle mamme albanesi e ai loro bambini.
Ecco. Se “Lamerica” accadesse oggi, cosa accadrebbe? Trent’anni dopo sappiamo che tra Puglia e Albania i rapporti istituzionali, economici e culturali sono sempre più stretti; sappiamo che ci sono studenti italiani iscritti a Medicina a Tirana come ci sono tanti giovani albanesi che frequentano il Politecnico o le facoltà dell’Ateneo barese. Sappiamo che molti imprenditori pugliesi hanno avviato attività aziendali nel Paese delle Aquile, favoriti da una legislazione fiscale benevola, così come in Puglia esistono tante realtà imprenditoriali ben gestite da taluni di quei giovani sbarcati all’epoca e cresciuti qui.
È però sotto il profilo culturale in senso più lato che l’interrogativo trova risposte contraddittorie e non sempre confortanti. Chi fine han fatto il senso della premura, la spinta solidaristica, l’urgenza della carità che suggellarono all’epoca il rapporto tra la Puglia e l’Albania? Quanto è cresciuto l’abbraccio di accoglienza di un Paese ricco e istituzionalmente solido come l’Italia? Va riconosciuto che oggi, salvo le strutture della Caritas e delle parrocchie, al di là di qualche rete di volontariato laico in qualche modo sostenuto dal sistema pubblico di Welfare, oggi sarebbe molto diverso. Sicuramente non sarebbe molto meglio, nonostante il perfezionamento della macchina organizzativa di protezione civile. Oggi l’individualismo imperante, condizionato sul piano sociale dall’occasione pandemica, limiterebbe slanci di solidarietà e tensioni di carità. Prenderne atto, averne consapevolezza, sarebbe già un notevole passo avanti sotto il profilo culturale.
Oggi per l’Italia e per l’Albania sarà un giorno di festa e di giusta commemorazione. Oggi nella sede della Regione Puglia è in programma una cerimonia con i più alti vertici istituzionali (da quelli politici a quelli diplomatici) dei due Paesi. Ma il nodo della questione sta nella coscienza individuale e nella consapevolezza collettiva rispetto a un tema, come quello dei flussi migratori, che terrà banco ancora a lungo. Da questo punto di vista, la mentalità accogliente modello “Lamerica” del ’91 appare lontana.