L'analisi
Covid 19, se gli anziani tornano a essere un problema
Le abitazioni in cui tornano tanti ragazzi ed ex ragazzi, precari o disoccupati, sono quelle del genitore o del nonno con il genitore e il nonno dentro. Lo saprebbe, il Palazzo Reale, se conoscesse il Paese reale almeno un po’
Ci risiamo. Esattamente come ad aprile, in piena prima ondata, a qualcuno è venuto in mente di chiudere in casa gli over 70. Allora, fu la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a parlare di «soggetti fragili» da confinare. Oggi sono i governatori di Lombardia, Piemonte e Liguria a rilanciare l’idea di un «lockdown» per fasce d’età. La motivazione è sempre la stessa: gli anziani sono quelli che muoiono di più «con» o «per» il Covid e, dunque, bisogna proteggerli con ogni mezzo, anche il più antipatico. E giù con la grancassa della prudenza, del buonsenso e della responsabilità.
Sfortunatamente quella che allora non sembrò una buona idea (e infatti non fu mai praticata), lo sembra ancor meno adesso. E non solo per il profilo di incostituzionalità che la disposizione, eventualmente da introdurre col solito Dpcm, rischierebbe di sollevare perché un giovane con gravi o gravissime patologie è più esposto al rischio di morte di un 70enne in piena forma. Dunque, la limitazione non sarebbe nel merito bensì per criterio generico, in questo caso anagrafico, e difficilmente potrebbe passare sic et simpliciter. Ma il punto non è questo.
Il problema principale è che il contagio, come i dati confermano da mesi, non cammina sulle gambe degli anziani ma su quelle, più robuste, dei giovani. I quali, non essendo l’Italia né la Svezia né gli Stati Uniti, dopo aver gironzolato nelle ore ante coprifuoco per negozi, bar, uffici, parchi e strade, indovinate un po’ dove tornano? A casa. E chi c’è quasi sempre a casa? Il genitore anziano o addirittura il nonno. E quindi non si capisce che senso abbia un confinamento di quel tipo se poi il virus rischia di entrare dalla porta di casa con tanto di chiavi e di «sono io» urlato dalla soglia.
Non colpisce che l’idea giunga dai governatori del Nord, da Regioni definite più «evolute» che, poi, più evolute non lo sono affatto. Semplicemente, sono stracolme di studenti fuorisede, di giovani emigrati per lavoro o - in maniera più generica - ospitano uno stile di vita che assomiglia maggiormente a quello di altre realtà occidentali in cui i ragazzi abbandonano il nido già dopo la scuola con genitori e nonni che invecchiano in autonomia. Tradotto, da soli. E dunque c’è un basso rischio che qualcuno, alla sera, rientri a casa a contagiarli. Nel Mezzogiorno «comunitario» la musica è diversa perché è differente la cultura familiare, certo, ma anche perché gli anziani hanno dovuto mettere in piedi - con i loro risparmi, le loro case e le loro pensioni - quella rete di protezione che tiene a galla mezza Italia. Sono, letteralmente, l’unico welfare rimasto in un ex Belpaese dove chi comanda si è incaricato, negli ultimi anni, di indebolire ogni forma di tutela pubblica con cura maniacale. Le abitazioni in cui tornano tanti ragazzi ed ex ragazzi, precari o disoccupati, sono quelle del genitore o del nonno con il genitore e il nonno dentro. Lo saprebbe, il Palazzo Reale, se conoscesse il Paese reale almeno un po’.
Per questo suona particolarmente antipatico il tweet del governatore ligure Giovanni Toti che ha definito gli anziani «non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese». Ovvio, non aprono il cantiere alle 6 del mattino, e questo è un dato di fatto, ma sono parole che - fatalmente - si sommano a tante altre, egualmente disturbanti, pronunciate negli ultimi anni. Quelle sulla «rottamazione» di Renzi o quelle sul togliere il voto agli anziani di Grillo. Tira una brutta aria per chi ha tante primavere alle spalle come testimonia anche l’irritazione di tanti «under» ormai stufi di restrizioni e confinamenti per far sopravvivere gli «over» (che, poi, sono quelli che li mantengono). È un astio generazionale mai visto che rischia di tradursi, oggi, in una gelida indifferenza verso la sofferenza di un anziano privato del contatto con i familiari o di una quotidiana passeggiata rigenerante.
Questo, ovviamente, senza dimenticare le eccezioni. Come ricordato ad aprile da un appello animato dell’oncologo Francesco Schittulli, ci sono moltissimi over 70 che occupano ancora ruoli di grande rilievo nel mondo dell’imprenditoria e delle libere professioni. Nonché della giustizia. E poi ce n’è un altro, di una certa importanza, che sta - con la sua folta chioma bianca - in un palazzone che i giornali sono soliti chiamare il Quirinale. Chiudiamo in casa anche lui?