Il Fisco
La giostra della Riforma fiscale un fallimento dopo l’altro
Dopo le promesse elettorali del governo giallo-verde le "rivoluzionarie misure di riforma" della pressione fiscale lasciano a desiderare
I vasi vuoti fanno un gran rumore. E si è trattato di vero e proprio frastuono quello che ha caratterizzato gli scorsi mesi, colmi di martellanti promesse per il cambiamento del Fisco italiano. Propositi che per ora sono tristemente sfumati, un po’ come i sogni dei baresi di vedere la squadra risanata e iscritta al prossimo campionato di serie B.
All’orizzonte giallo-verde ci attendevano infatti “coraggiose e rivoluzionarie misure di riforma”, nell’ottica di una riduzione del livello di pressione fiscale e di un miglioramento del rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Tuttavia, anche gli irriducibili supporters di questo governo devono ammettere che la prima grande occasione di restituire un po’ di dignità ai contribuenti è miseramente fallita.
E tanto malgrado la rubrica del “decreto dignità” lasciasse ben sperare! I più navigati e disincantati (si veda l’articolo “Il cambiamento varrà anche per il fisco?” pubblicato su queste pagine il 6 giugno 2018) già individuarono tra le righe del fresco contratto di governo eccessiva temerarietà e ingiustificato ottimismo nel prevedere una drastica ed immediata detassazione e rivoluzione fiscale. Tanto da auspicare interventi meno ambiziosi, ma prodromici alla progressiva costruzione di una fiscalità strutturata in base ai canoni di equità e semplicità. Peraltro, il punto di partenza era correttamente ivi individuato, con la giusta idea di immediata abolizione di istituti anacronistici e vessatori come lo “spesometro” e il “redditometro”, per poi passare ad una radicale revisione dell’attività di accertamento, del contenzioso e della riscossione delle imposte nell’ottica di una seria pax fiscale.
Continuità - I primi passi per un riordino del suq tributario erano quindi tracciati. Ed invece il decreto ha dato continuità al trend di cattiva e confusa regolamentazione, aggiungendo ulteriori articoli al gran bazar fiscale che ha vissuto un progressivo ed inesorabile intricarsi a partire dalla grande riforma attuata negli anni ‘70, oggi ridotta a reggersi con più stampelle traballanti. E così non v’è traccia dell’abolizione del redditometro. Gli indicatori di reddito sono soltanto sospesi -per gli accertamenti dal periodo di imposto 2016 in poi- in attesa dei nuovi “elementi indicativi” da emanarsi con il solito decreto attuativo del Mef.! È legittimo interrogarsi sulla ragione di queste forzature bagatellari, alla luce anche dello scarso utilizzo del redditometro come accertamento sintetico così come evidenziato dalla Corte dei Conti. Anche in materia di “spesometro” le attese sono state deluse e ha tenuto banco un vecchio inguaribile vezzo del legislatore: la “proroga”, che aumenta le casistiche e alimenta il caos. In compenso, problematiche del tutto inedite hanno riguardato lo “split payment”: in base al decreto, le disposizioni in materia di “scissione di pagamento” per le prestazioni effettuate in favore della pubblica amministrazione sono state soppresse solo per i professionisti, che riprenderanno ad incassare l’Iva indicandola in fattura. L’incertezza riguarda tutti gli altri compensi soggetti a ritenuta, ovvero quelli degli agenti di commercio, mediatori e procacciatori d’affari per cui non è del tutto chiaro cosa dovrà avvenire con l’emissione delle nuove fatture.
Interventi - Eppure sarebbe agevole individuare la miriade di criticità i cui correttivi, che spesso non richiedono interventi strutturali, attribuirebbero credibilità e costrutto alle promesse elettorali. Basta dare una sbirciata alle periodiche relazioni dei garanti dei contribuenti italiani, figura come nessun’altra vicina alle tematiche sentite dai contribuenti. Esemplare il monito del Garante per la Puglia Salvatore Paracampo che individua annualmente fatti e problemi ordinamentali che alterano il rapporto con l’amministrazione finanziaria: “alla fine di ogni anno tutti i cittadini, e in particolare i contribuenti, sperano che il nuovo anno sia foriero di qualche buona notizia ed in concreto apporti una maggiore calma nella frenesia normativa in campo fiscale. La realtà invece straccia i modesti sogni del contribuente. In tale contesto, anziché garantire una maggiore certezza del diritto, una maggiore tutela dell’affidamento, una produzione legislativa ordinata e coerente con il sistema rispettosa anche dello Statuto del Contribuente, si ha maggiore incertezza e disordine nella produzione normativa, facendo sì che queste situazioni producano un effetto dirompente sulla programmazione delle imprese e disorientamento, con inevitabili possibili controversie con gli enti impositori”. Denuncia inoltre il Garante: “sussistono serie difficoltà di coordinamento tra gli uffici che curano il contenzioso e quelli dello stesso ente impositore che curano la fase dell’iscrizione a ruolo” con conseguente pregiudizio per i contribuenti. Sicché, sarebbe idoneo prevedere forme di responsabilità civile ai danni dell’Amministrazione Finanziaria. Altre disfunzioni e ritardi si rilevano “in materia di richieste di accesso agli atti, con una posizione assunta dall’amministrazione finanziaria assolutamente illegittima e contra legem”. Altro problema molto sentito riguarda la “prescrizione dei tributi” che si verifica anche a causa di una “insufficiente organizzazione degli uffici della riscossione”, causando la continua “emorragia del denaro pubblico”. Tali e altre problematiche, osserva il garante, rendono doverosa una “Commissione parlamentare di inchiesta”.
Attendiamo dunque ulteriori sviluppi con il prossimo programma di finanza pubblica che il governo presenterà a settembre e con la manovra da predisporre a ottobre. Bisognerà ragionare diversamente se non si vuole dar seguito alla rivoluzione fiscale più “conservatrice” della storia.