Il primo maestro italiano di scherma ad aver vinto un oro olimpico nella sciabola femminile è un foggiano. Andrea Terenzio ha coronato il sogno di ogni sportivo, da commissario tecnico della nazionale dell’Ucraina. Il maestro pugliese, che è anche allenatore del foggiano Gigi Samele, non dimenticherà mai le Olimpiadi che si sono appena concluse e gli hanno «regalato» tre medaglie: il bronzo individuale di Samele, quello di Olga Kharlan e l’oro a squadre dell’Ucraina, che ha suggellato settimane memorabili. Classe ‘82, cresciuto a Foggia, Terenzio ha completato la sua formazione sportiva e professionale a Roma e a Bologna e ora è nell’olimpo dei maestri di scherma. Una storia che dà lustro alla città di Foggia, da sempre scuola di sciabola e fucina di talenti, atleti e tecnici che si impongono sugli scenari internazionali del nobile sport.
Terenzio, è stata un’Olimpiade da favola per lei.
«Pazzesca. Un sogno che si avvera. Un’esperienza che porterò sempre nel mio cuore, per tutto quello che mi ha regalato non solo in tema di risultati ma anche di emozioni vissute. I giorni passano, sono in vacanza a Pesaro con mia moglie ma la gioia non sfuma: nella mente sono vive le immagini di tutto quello che è accaduto a Parigi».
Un tris di medaglie che vale e rappresenta tanto. Se l’aspettava?
«Samele e la Kharlan sono due grandi campioni oltre che una splendida coppia nella vita. Ci si poteva attendere che salissero sul podio. Meno prevedibile, forse, era l’oro a squadre dell’Ucraina femminile. Una selezione che quando ha cominciato a lavorare con me, due anni e mezzo fa, era al 19° posto nel ranking e all’inizio ha fatto fatica. Ma le ragazze sono cresciute tanto strada facendo, e sia nelle altre gare internazionali prima delle Olimpiadi che a Parigi sono riuscite a dimostrare a pieno il loro valore».
Quanto c’è di Terenzio in queste medaglie?
«Il merito è in primis degli atleti. Sono state tutte belle gare, finite come auspicavamo. Io e chi collabora con me nello staff abbiamo cercato di trasferire alle atlete tutte le nostre conoscenze ed esperienze affinché potessero rendere al meglio in pedana».
Da Foggia un’ascesa continua fino all’oro olimpico. Anni di studi e sacrifici che hanno trovato il coronamento massimo.
«La voglia di impegnarsi e la passione mi hanno sorretto sempre e mi spingono ogni giorno a dare il meglio. Ho iniziato il mio percorso, da atleta, al Circolo Dauno, che era e resta casa mia. Buoni risultati in campo nazionale ma ho maturato presto la voglia di allenare, e a 19 anni è iniziato un nuovo percorso, col Club Scherma Foggia. Nella mia città ho conseguito la laurea triennale in Scienze Motorie, poi a Roma ho completato il ciclo di studi universitari e ho cominciato a lavorare a Villa Stuart, dedicandomi al ramo della riabilitazione post-infortuni. Esperienze a cui è seguita quella da preparatore fisico. Ho iniziato a collaborare con diversi atleti professionisti, sono stato l’allenatore personale di Aldo Montano per tre anni e sono entrato a far parte dello staff della Nazionale azzurra. Atleti a cui ho cercato di trasferire il mio bagaglio di conoscenze, che mi ha permesso, fra studi universitari e esperienza sul campo, di creare una mia metodologia di allenamento. Nel frattempo mi sono trasferito a Bologna, dove è partita la collaborazione con la Virtus e con Samele. Nel 2015/16 Gigi voleva smettere, era in un periodo molto complicato della sua carriera. Insieme abbiamo voltato pagina ed è iniziata una nuova fase che l’ha portato a togliersi tante altre soddisfazioni».
Come mai poi si è separato dalla Nazionale italiana di sciabola?
«Fui escluso dai quattro maestri convocati per i Giochi di Tokyo. Fu per me una grande delusione. Un’amarezza che mi scottò particolarmente. Credevo di aver dimostrato il mio valore e di meritare delle garanzie che evidentemente la Federazione riteneva di non potermi dare. Così le nostre strade si sono divise, ma senza rancore. È giusto che ognuno faccia le sue scelte, nello sport come nella vita. E poiché non volevo che il mio destino dipendesse da altre persone, quando è arrivata la proposta di allenare la nazionale femminile dell’Ucraina mi sono tuffato, convinto, in questa nuova avventura».
Un’esperienza partita fra grandi difficoltà.
«Una settimana dopo il mio “Sì”, è scoppiata la guerra fra Russia e Ucraina. Era febbraio del 2022. Le atlete si sono trasferite a Bologna, Gigi Samele si è dato tanto da fare affinché le ragazze avessero tutto ciò che serviva per vivere in Italia e allenarsi, grazie anche al supporto di una fondazione e della Virtus Bologna. Tanta gente si è mobilitata per dare una mano. Una storia che ha dimostrato come lo sport debba essere anche, e soprattutto, fratellanza e solidarietà».
Quanto è stato duro, per le sciabolatrici ucraine, concentrarsi su allenamenti e gare?
«Molto. Almeno all’inizio, la loro testa era su tutto fuorché sulla pedana. Un’altalena di emozioni. Abbiamo cercato di empatizzare con loro, capire che in alcuni giorni erano in grado di dare il cento per cento e in altri non avevano la forza di fare nulla, abbiamo raccolto le loro confidenze, i drammi che ognuna aveva alle spalle. Dall’emergenza e dalla sofferenza, queste ragazze hanno trovato le energie e la voglia per scrivere una splendida storia di riscatto, che è motivo di grande orgoglio per loro stesse, noi dello staff e per il loro Paese».
Continuerà ad allenare la nazionale femminile di sciabola dell’Ucraina?
«Mi sono preso una pausa, per staccare un po’ da tutto. Dopo le vacanze valuterò se proseguire quest’esperienza o cimentarmi in qualcos’altro, se dovessero arrivare altre proposte».
Sul trono olimpico ma con Foggia sempre nel cuore.
«Non potrebbe essere altrimenti. Tutto è partito dalla mia città. Gli impegni non mi consentono di tornarci spesso, la mia famiglia si è trasferita a Bologna. Quando riesco a tornare in Puglia e riabbracciare gli amici di una vita è sempre una grande emozione. Samele è il primo sciabolatore italiano ad essere salito sul podio delle gare individuali in due Olimpiadi di fila: ha dato tanto a Foggia e io, con questi successi, sono felice di aver dato alla mia terra traguardi di cui può essere fiera».