L'intervista
«Sinner a Melbourne come me a New York», la regina pugliese del tennis Flavia Pennetta ricorda l'impresa
Jannik: «Un predestinato. Può vincere tutto, ha dalla sua l’età e la serenità con cui vive le gare. Il suo trionfo in Australia mi ha fatto ripensare a quando vinsi negli States»
Da quel giorno nessuno più come lei, la brindisina Flavia Pennetta, capace di arrivare sul tetto del mondo a 33 anni, la meno giovane nella storia del tennis in gonnella, prima di annunciare il ritiro dalla scena agonistica a fine stagione. È rimasta lei l’ultima «Slam winner» azzurra, almeno fino a quando il 22enne Jannik Sinner ha sollevato la coppa del vincitore degli Australian Open 2024 diventando il quinto tennista italiano di tutti i tempi a cingersi di uno dei quattro trofei più ambiti del circuito tennistico mondiale. Era il 12 settembre 2015 quando sul centrale degli US Open di New York, l’Arthur Ashe Stadium, lo stesso onore toccò a Flavia Pennetta, che sconfisse in una finale tutta italiana l’amica rivale di sempre, la tarantina Roberta Vinci. Prima di lei sul trono degli Slam erano saliti soltanto Francesca Schiavone, al Roland Garros 2010, e per trovare un italiano vincitore bisognava tornare indietro nel tempo a Parigi 1976, l’anno magico di Adriano Panatta, e addirittura agli anni 1959 e ‘60 quando a vincere fu Nicola Pietrangeli. Grazie ai prodigi del 22enne altoatesino Sinner, l’Italia del tennis è tornata oggi nell’olimpo mondiale ed è stato inevitabile rapportare il suo trionfo a quelli di chi lo ha preceduto nella storia del tennis italiano.
Pennetta, Sinner è la nuova icona del tennis azzurro. Ha seguito la finale?
«Da spettatrice è stato bellissimo, me la sono goduta, commentandola con Fabio (Fognini, suo marito, ndc) e Francesca (Schiavone, ndc). Umanamente questo ha smosso i ricordi di quello che ho vissuto a New York nel 2015. Vederlo a terra a fine match tirare un sospiro di sollievo mi ha fatto rivivere quei momenti, ed è stato molto bello perché quella vittoria ti ripaga di tutti i sacrifici. Lui è un predestinato, ha 22 anni e ha già raggiunto un risultato del genere, una cosa così ti rende eccezionale».
Il tennis italiano attraversa, forse, il periodo migliore della sua storia dopo l’indimenticabile 1976, ma tutto ha avuto inizio con i successi delle ragazze di Fed Cup nel 2006. C’è stato un momento nel quale si diceva che i ragazzi non avessero molta voglia di sacrificarsi. È d’accordo?
«Il tennis italiano attraversa indubbiamente uno dei momenti più belli della sua storia, diciamo che non possiamo negare il fatto che Jannik stia facendo questi risultati, smuova interesse, voglia, desiderio e passione da parte di tutti per questo sport, che comunque in questi anni ci ha sempre regalato tantissimi successi sia al maschile che al femminile e non possiamo che esserne contenti. È un personaggio che piace, è un ragazzo che secondo me tutte le mamme vorrebbero come fidanzato della propria figlia, sai, perché è di quelli tranquilli, pacati, educati e trasmette positività e dei valori che a oggi i ragazzi della sua età un pochino si sono persi. Poi credo che la generazione dei giovani d’oggi abbia poca voglia di sacrificarsi, è il mio punto di vista. Jannik invece è diverso, il suo esempio motiva un po’ tutti, sia chi fa sport sia chi studia. In generale è un bellissimo esempio di vita».
Dopo Francesca Schiavone Flavia Pennetta, ancora una volta le donne hanno aperto una via ed oggi si sono difese con onore laureandosi vice campionesse del mondo in BJK Cup?
«Diciamo che sicuramente questo è un periodo buonissimo per i maschi, non è che le donne non stiano andando bene, è che i maschi stanno andando fortissimo, un po’ come successe a noi anni addietro, quando vincevamo tanto (la “sua” Italia vinse ben 4 Fed Cup n.d.r.) e ci continuavano a chiedere perché noi sì e i maschi no. Noi rispondevamo che i maschi erano forti alla stessa maniera. Perché comunque entrare nei primi 100, nei primi 50 al mondo è tanta roba solo che uno da fuori non se ne accorge più di tanto perché aspetta il campione, quello che ti vince uno Slam e diventa il numero uno del mondo. Ma tutti quelli che ci sono dietro sono grandiosi in tutto e per tutto, le ragazze stanno giocando bene, sono diventate continue, la Paolini ha giocato molto bene in Australia, quindi la cosa non va male, sono avanti in classifica e non è da ridere».
Pennetta mamma a tempo pieno, possiamo immaginare un suo ritorno nel tennis in altri ruoli?
«Io in campo? Sì, non escludo che mi si possa rivedere in qualche ruolo, certo non da giocatrice ma magari in un ruolo diverso anche perché mi piace, amo stare in campo, amo giocare, amo ancora allenarmi io, quindi figurati, probabilmente potrebbe accadere».
Quanto bene potrà fare l’ascesa di Sinner al movimento tennistico azzurro? «Può essere un rischio avere tutte queste attenzioni?
«Indubbiamente adesso tutti si aspettano che faccia sempre meglio, poi ci sarà il momento in cui andrà tutto bene e non sarà più sufficiente nulla. Djokovic, il numero uno da tantissimi anni, mi confidò un giorno, quando era arrivato a quota 17 Grandi Slam vinti, che qualunque cosa facesse ormai non era più sufficiente per nessuno. E mi disse anche: “Io ormai so quello che valgo, sono consapevole di quello che ho fatto e vivo serenamente per questo. Per gli altri invece se perdo il primo turno sono un disastro, e se vinco è normale”. Ecco, personalmente auguro tutto questo a Jannik, vorrebbe dire che ha vinto tutto, lui in questo credo abbia una dote innata, perché si fa scivolare tutto addosso, riesce a vivere le cose serenamente e sta gestendo il momento molto bene».