L'architettura è rurale

Antonella Calderazzi

Masserie e muri bianchi: un itinerario tra i circa 200 siti che costituiscono la scenografia di un paesaggio unico

L’architettura rurale è legata alla tradizione ovvero a quei luoghi in cui si narra e si legge la nostra storia, quella correlata alla terra e alla produttività e quella che rispecchia maggiormente il territorio della Puglia ma oserei direi degli uomini del Sud.

Il ruolo assunto dall’architettura rurale nelle trasformazioni del territorio diviene di primaria importanza per una lettura dei processi di modificazione del paesaggio agrario antropizzato.

Il paesaggio pugliese è costituito da aree pianeggianti costiere esposte in particolare nel XV e XVI secolo alle frequenti invasioni piratesche, dalle zone collinari del Gargano e della Murgia, dalle gravine e dalla spettacolare successione di pendii degradanti verso il mare. In questo ambiente costruito dall’uomo, mai monotono e sempre variegato dalla tormentata geomorfologia del terreno, l’elemento emergente è rappresentato dalle forme insediative che nel linguaggio architettonico trovano riscontro nelle masserie. Circa 2000 costruzioni rurali sono costituite da masserie con varianti tipologiche determinate dalla volumetria della costruzione, dall’articolazione degli spazi e delle strutture, dall’indirizzo colturale, dalla ubicazione sul territorio, dalla funzionalità difensiva.

Ogni manufatto progettato dall’uomo deriva da una cultura, da una società, da una economia che caratterizza di volta in volta un contesto sociale in un determinato periodo storico. Storia del duro lavoro nei campi condizionato dal luogo e dal tipo di produttività, storia del pensiero sociale e politico del momento, ma anche storia della cultura architettonica con impiego di materiali locali quali la pietra calcarea e il tufo ancora oggi utilizzati in quanto rispondenti a requisiti di ecosostenibilità. Gli antichi ricoveri, le torri di avvistamento del XVI secolo, le torri interne, le masserie fortificate, gli agglomerati di trulli, segni di un sistema territoriale definito da precise funzionalità, assumono il ruolo di “patrimonio della memoria”, anche quando sono deteriorati o abbandonati, privi di senso e qualità.

Sollecitati dai vari momenti storici, economici, sociali, sostenuti dalla loro inventiva, i proprietari coadiuvati dalle maestranze locali hanno caratterizzato le diverse fasi costruttive delle masserie, edificate con dedizione, funzionalità e saggezza.

Le masserie, dalle tipologie più semplici e più antiche come le torri munite di elementi difensivi e racchiuse da alti recinti, alle più decorative della fase sei-settecentesca evidenziate da scenografiche scalinate antistanti, fino ai severi casini ottocenteschi non di rado testimoni di lotte sanguinose provocate dal brigantaggio, divengono i luoghi nei quali riscopriamo non solo un lessico spontaneo, ma anche quei profumi genuini che rievocano i tempi della nostra infanzia. Costruiti da mani operose con dedizione e amore, questi manufatti hanno subito saccheggi da uomini senza scrupoli che hanno divelto scale, infissi, altari, stemmi cancellando ogni testimonianza. L’interesse per la riscoperta dell’architettura rurale da qualche anno si dirige verso la qualità compositiva delle masserie, laddove lavoro e residenza si integrano e si confrontano in spazi sociali con simbologie che caratterizzano la vita contadina, la qualità ambientale, la integrità di un paesaggio non ancora completamente distrutto dalla mano dell’uomo.

Se in territorio di Bari, come in tutte le zone di frangia urbana, dove la città non è più campagna, impera lo stato di degrado e molti esemplari di architettura rurale sono ormai ridotti a rudere o del tutto distrutti, in provincia di Brindisi e soprattutto nei territori di Fasano e Ostuni, questo fenomeno non si verifica grazie alla nuova concezione dell’agriturismo che ha valorizzato e recuperato numerosi manufatti trasformando le masserie in strutture ricettive.

La masseria Pettolecchia, tipologicamente aggregabile ad una masseria-castello risale al XVI secolo e appare imperiosa con i suoi quattro torrioni dal basamento scarpato e coronamento munito di feritoie e caditoie-garitte. Corredata di cappella a cupola con lucernario e rosone in facciata, abitazione del colono e vasto ipogeo utilizzato come frantoio, è certamente una tra le più imponenti masserie fortificate del territorio pugliese. A poca distanza si erge la masseria San Domernico divenuta relais, in cui si evidenziano la torre con scalinata antistante per l’accesso al primo piano, le residenze per ospiti ricavate nelle antiche stalle, i depositi trasformati in centro benessere e la scenografica piscina. Fra le molteplici masserie fortificate a torre della zona, risalenti al XVII secolo, sono da annoverare la masseria Petruzzi, distribuita su tre livelli e provvista di cappella,ambienti in origine riservati a stalle, forno esterno e frantoio ipogeo, la masseria Torre Maizza adibita a struttura ricettiva ove è possibile ritrovare il fascino dell’antico giardino e la quiete del retrostante uliveto, la masseria Coccaro, adibita a relais con zona beauty farm ricavata negli ipogei, la masseria Torre Spaccata distinta dai colori dell’intonaco bianco per le murature e rosso per gli elementi ad arco, i pinnacoli e le cupolette delle garitte angolari, Ottava Grande, affiancata dalla chiesetta risalente all’XI secolo, evidenziata dal portale con protiro su colonne, cornice a denti di sega, campanile a vela e rosone. Numerose masserie fortificate si riscontrano anche in territorio di Ostuni, quali la masseria Le Taverne munita di merlatura lungo il coronamento, recuperata e destinata a struttura ricettiva, la Sansone evidenziata dalla scalinata antistante e dalla cappella voltata a”stella” e la complessa masseria- villaggio di Montalbano, antico nucleo abitativo caratterizzato dalla grande cappella affrescata e dalle abitazioni dei salariati attestate lungo il viale laterale. Il paesaggio rurale costituisce un ecosistema di grande valenza dal punto di vista ambientale e culturale in cui possiamo individuare reti ecologiche riferibili ad aree protette, itinerari turistico-culturali tra antichi tratturi, architetture spontanee, isolate cappelle, poderose torri, profonde grotte e vaste aree archeologiche.

È opportuno quindi che le masserie, i siti archeologici, gli ipogei oltre ad essere testimonianze storico-architettoniche possano divenire luoghi di fruizione collettiva, occasioni di risorse economiche e culturali, oggetto di strategie che coniughino il sapere con l’operare, la tecnologia con il restauro, l’architettura con la storia, l’economia con la gestione.

Il lessico artigianale degli elementi stilistici, l’espressività organica del complesso rurale costituito dal “gioco sapiente” dei volumi chiusi e degli spazi aperti, dimostrano quanto sia importante la tutela ed il recupero delle strutture rurali, la valorizzazione di un linguaggio architettonico in cui esiste la perfetta sintonia di elementi naturali, ambientali, economici e funzionali.

La preservazione della natura antropica e la tutela assoluta da ogni tipo di inquinamento, il rispetto dell’architettura restano le condizioni discriminanti per ogni intervento che stabilisca un nuovo equilibrio tra cultura urbana e tradizione agricola, tra forma e funzione, tra uomo e natura.

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