Torre Guaceto, il rifugio incantato. Gli Arabi lo chiamavano «gawsit»
Significa «luogo dell'acqua dolce», un sicuro approdo dove le navi barbaresche potevano sostare e rifornirsi
Gli arabi lo chiamavano “Gawsit” che significa “luogo dell’acqua dolce”, un sicuro luogo di approdo dove le navi barbaresche potevano sostare e rifornirsi nelle loro scorrerie lungo la costa, fu solo in seguito che si tramutò prima in “Guacito” e poi in “Guaceto”. Oggi per noi è Torre Guaceto, il nome alla fine glielo ha dato la torre aragonese che nella sua essenzialità caratterizza tutto il paesaggio. Per fare un viaggio senza tempo bisogna andare almeno una volta sulla terrazza della torre quando è spazzata dal vento, ci si sente abbracciati dalla natura, lo sguardo si perde e allo stesso tempo si ritrova.
Guardando a Sud verso Apani le piccole isole o meglio gli scogli affioranti sono gli ultimi testimoni di una grande laguna che oggi non c’è più, utilizzata nei secoli come approdo naturale. Gawsit era un Eden dove non mancava nulla, pesce e selvaggina in abbondanza, una natura rigogliosa e accogliente, ecco perché le prime testimonianze dell'uomo risalgono già all’età del bronzo (XXII – XI sec. a. C.). Nell’VIII secolo vi si insediarono i Messapi, poi i romani lo utilizzarono come porto lungo la via Traiana, da qui si caricavano le anfore di olio e vino per il porto di Brindisi da dove poi partivano per tutto il Mediterraneo. Da un canto un arteria essenziale e dall’altro un rifugio, queste alcune delle ragioni della magia del luogo che da secoli lotta per rimanere uguale a se stesso, un baluardo dell’identità e della bellezza di questa terra.
Le prime azioni a tutela dell’area si devono alla marchesa Luisa Romanazzi Carducci quando negli anni Settanta entrò nel direttivo del WWF Italia, è stata questa associazione o meglio i suoi volontari come l’indimenticabile Gino Cantoro a lottare perché questo tratto di costa non fosse “mangiato” come tutto il resto. Gli appetiti sono immensi specialmente sulla bellissima spiaggia di punta Penna Grossa così come i progetti strampalati, c’era chi voleva divenisse il sito di una centrale nucleare, altri di lottizzazioni ai fini turistici e, invece, no Torre Guaceto è diventata un’area protetta, una delle più belle della Puglia e del Mediterraneo.
Due gli strumenti di tutela principali, la riserva terrestre dello Stato e l’area protetta marina (n.d.r. l’area protetta si estende per 1.200 ettari a mare sino alla batimetrica dei 50 metri e 2.100 a terra) che insieme preservano uno scrigno di habitat, c’è il mosaico di dune (quasi ormai scomparse altrove!), la macchia mediterranea con i suoi profumi, la lecceta, la zona umida rifugio degli uccelli migratori e in mare le distese di posidonia (l’erba marina che fa respirare il mare) il coralligeno, e una fauna che è difficile trovare così intatta in altre parti dell’Adriatico.
Torre Guaceto è un polmone essenziale per il nostro mare, nella zona di riserva integrale sembra di immergersi nel Mediterraneo di cento anni fa, i pesci per nulla spaventati quasi ti vengono incontro. Anche loro forse sono consapevoli di trovarsi in un luogo sicuro, così come le decine di tartarughe marine (Caretta caretta) che vengono portate qui nel centro di accoglienza e recupero dopo essere state ritrovate ferite o spiaggiate.
Il luogo nel tempo torna a diventare meta favorita da animali stanziali e migratori, la lista degli abitanti della riserva è in continuo aggiornamento: tra i tanti ci sono la volpe, il tasso, il tarabuso, il colubro leopardino, il cavaliere d’italia, il fenicottero, le tartarughe di palude; folta anche la lista delle piante tra le quali spuntano anche alcune orchidee ovunque sulla costa a rischio d’estinzione.
Un patrimonio naturale immenso che è la vera ricchezza di questo territorio. C’è chi lo ha compreso. Così nel tempo la riserva è diventata un presidio di buone pratiche e un esempio di sostenibilità, tanto da diventare più famosa all’estero che non nel brindisino.
Nei convegni internazionali Torre Guaceto viene portata a modello per la “pesca sostenibile”, ma non c’è solo mare, il duro lavoro porta ad avere oggi il 30% dei terreni agricoli interni alla riserva coltivati a bio, prodotti dal grande valore aggiunto come l’olio (nasce il sistema premiante del marchio “Olio del Parco”) o il pomodoro fiaschetto oggi presidio Slow Food il cui sapore ha conquistato l’Expo di Milano 2015. Il sapore sapido di quel pomodoro conserva allo stesso tempo l’acre della salsedine marina e il profumo della macchia mediterranea, ma rappresenta anche l’odore possente della salsa appena fatta che un tempo avvolgeva i paesini della costa da agosto a settembre, indimenticabile per chi ne è stato inebriato almeno una volta. Per molti uno dei sapori dell’infanzia.
Torre Guaceto è proprio questo, la nostra infanzia e allo stesso tempo il nostro orizzonte; in qualche maniera questa esperienza di tutela insegna che può esistere un futuro possibile capace di coniugare natura e attività umane. Per questo bisogna difenderlo con tutte le forze, perché è ancora sotto attacco anche oggi da parte di chi vorrebbe “mangiarlo”, consumarlo tutto d’un fiato o svenderlo e lo incendia pezzo a pezzo. Ma la Torre è ancora a lì e lì rimarrà a vincere il tempo a dimostrare il presidio, la resilienza, regalare a chiunque passi dalla statale 16 un momento di gioia e bellezza.