L'intervista
Essere liberi: ecco la «Rivoluzione Punk» dei Malamore
Il singolo esce oggi, 25 aprile, una data non casuale: la band salentina racconta questo nuovo capitolo musicale
Esce oggi per DIGA Records Rivoluzione Punk, nuovo singolo della band salentina dei Malamore. Un «manifesto» del loro «partito», per chi ha ancora voglia di guardare il mondo dal proprio punto di vista, senza omologarsi, abbracciando la libertà di pensiero che negli ultimi tempi sembra sempre più un concetto astratto. Osvaldo Greco, Matteo Spano e Giacomo Spedicato, tutti di Veglie (Le), dopo la pubblicazione di Venere e Giove con Maestro Pellegrini degli Zen Circus continuano così il loro percorso iniziato ormai nel 2018.
Uscire il 25 aprile, data così simbolica: è una scelta?
«Fortemente voluta per il significato del brano, legata all’accezione di libertà di pensiero. Ultimamente è messa a dura prova, siamo attaccati e anche un po’ manipolati, questa canzone è un allarme che vogliamo lanciare, per riprenderci, appunto, la nostra libertà di pensiero, in questa società in cui ci sembra stia andando un po’ tutto a rotoli».
Nel testo si parla di incoerenza sociale, cosa ha ispirato questa riflessione?
«La parte sociale ci unisce ma allo stesso tempo ci isola. Siamo tutti da soli, vogliamo dire la nostra, ma non facciamo niente per restare uniti. La partecipazione è sempre meno, tutto si basa su meccanismi di vendita, anche i concerti stessi. E da qui nasce la nostra ribellione».
Cosa contiene, ipoteticamente, il «manifesto della Rivoluzione Punk»?
«Un giorno mi ero messo a scrivere, era venuta fuori questa canzone a cui volevamo dare una veste particolare. Non la “solita” canzone dei Malamore, un arrangiamento a tre, più istintivo e libero, un’attitudine in linea anche con il significato».
Cos’è per voi essere punk, in cosa vi sentite tali?
«Siamo punk perché usciamo fuori dalle regole, ce ne freghiamo di ciò che ci viene imposto, come il rimanere entro certi schemi. Questa libertà artistica ci rende felici».
Siete nel panorama musicale davvero da tanti anni, cosa vi spinge a «resistere»?
«Intanto la nostra amicizia, siamo legati da un senso di famiglia, è quel rapporto che ci tiene vivi e attivi, e che anche se qualche volta siamo giù di morale ci dà la forza per continuare. Poi ci piace. E farlo nella nostra terra, nel Salento, ha ancora più valore. Non lo neghiamo, se ci fosse l’opportunità di andare via per fare un’esperienza, lo faremmo. Però intorno a noi continuiamo a vedere gente che va via e ritorna. Qui in Puglia la vita è lenta, è una comfort zone fantastica, abbiamo costruito i nostri studi e portare tutto in un’altra città sarebbe faticoso. Però partire da qui per raggiungere altri obiettivi, sarebbe anche gratificante».
Sappiamo che c’è un disco in lavorazione...
«Questo brano è un’apertura verso il nostro “nuovo mondo”. Intanto portiamo in giro quello che abbiamo fatto finora. Ma sì, siamo al lavoro».