L'intervista

Sud Sound System: «In un mondo di tecnologia noi torniamo all'"Intelligenza Naturale"»

Bianca Chiriatti

È il titolo del disco uscito ieri, 1 luglio: all'interno tante collaborazioni illustri, dai Negramaro a Guè

Si chiama «Intelligenza naturale», e in un mondo di apparenza e rincorsa all'artificio, il nuovo disco dei salentini Sud Sound System uscito ieri, 1 luglio, per Salento Sound System/Believe, sembra uno spiraglio verso l'autenticità e il ritorno alle origini. Le stesse che cantano da decenni con la loro «Le radici ca tieni», diventata ormai un inno proposto perfino nelle scuole.

L'album, anticipato dai singoli «El sonido de l'alma» e «TQP», contiene partecipazioni che hanno dato un'anima variopinta al lavoro del gruppo: Guè, Negramaro, Ensi, Alborosie e i salentini Puccia (Après la Classe) e Antonio Castrignanò. E sarà un'estate in tour per Nandu Popu, Terron Fabio e Don Rico: questa sera in concerto in Sardegna, a Seneghe, poi l'8 a Buccino (Sa), il 9 ad Arezzo, un giro d'Italia non-stop fino a settembre con tante tappe nell'amata Puglia, a Gallipoli il 20 luglio, il 26 a Galatina, il 27 a Cisternino, il 16 agosto a Marittima (Le), a settembre a Giovinazzo (date in aggiornamento). Il trio ha raccontato alla «Gazzetta» le atmosfere del nuovo disco.

In un mondo che va verso l'intelligenza artificiale ne proponete una «naturale»: come arriva questo spunto?

«È nato in corso d'opera. Ci siamo accorti che eravamo davanti a un disco in cui la musica è al centro, e in un momento in cui si guarda alle canzoni scritte dalla tecnologia ci è sembrato un ritorno all'essenza. Per noi salentini, ad esempio, la taranta ha un rituale catartico, interviene per curare, appianare dissidi: c'è una parte irrazionale che l'intelligenza artificiale non potrà mai cogliere e interpretare, quella spiritualità mistica che va oltre la religione».

Sembra di capire, però, che l'AI non vada demonizzata...

«Al contrario. In ambito medico è straordinario che in pochi secondi riesca a trovare cure per malattie rare. Ci piace paragonare il computer a un martello: finché lo si usa in falegnameria va tutto bene, è sbagliato però tirarselo in testa. Se pensiamo a una certa deriva nei testi, che un tempo cantavano di sfruttamento, condivisione sociale, e oggi sono sempre più misogini e poco gratificanti, anche chi ascolta non si riconosce. La maggioranza del popolo non si ritrova nelle rime che parlano di outfit da milioni di euro, quando a casa non si arriva a fine mese».

Nel disco tanti feat. importanti e diversi, a partire da Guè: come mescolate le unicità musicali?

«Sicuramente con Cosimo (Guè) condividiamo gli ideali, fa parte della vecchia scuola, nella canzone con noi canta della famiglia. È grande conoscitore delle dancehall dei primi anni 2000, ha inteso il senso del brano. Poi è ovvio che si cerca una commistione, quando eravamo ragazzini facevamo le rime nei cortili, con un microfono che girava, è nato tutto dall'incontro, dal raccontare dall'interno quella realtà di cui la società, antagonista, spesso si appropria».

Oggi per un giovane, specie al Sud, fare musica è più semplice rispetto al passato?

«C'è tanta musica libera, ma anche una grossa manipolazione delle major, omologazione nelle proposte. Si tende a parlare dei problemi del singolo, più che della società. Oggi ci sono i tormentoni, ma la musica più che tormentare dovrebbe curare».

Il tour vi porterà ovunque in Italia: come avete visto cambiare il vostro pubblico, anche fuori dalla Puglia?

«Prima suonavamo davanti a un mare di mani alzate, oggi a un mare di telefoni. I  coetanei che venivano ad ascoltarci vent'anni fa, oggi ci portano i figli. Ci piace che intorno al palco si crei una specie di area parco giochi per i più piccoli. Anche questa è un'evoluzione "naturale"».

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