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Basilicata, 40 anni dopo il terremoto: quei 90 secondi che cambiarono la storia

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

Scossa di magnitudo 7: la paura, le macerie, le storie di rinascita

Domenica 22 Novembre 2020, 11:42

Domani ricorrono i 40 anni da quella domenica 23 novembre 1980 quando, alle 19.34, la terra tremò per 90 lunghissimi secondi in Irpinia e in Basilicata. Il sisma di magnitudo sette (insieme a quello di Messina, uno degli eventi tellurici più devastanti del ‘900 in Italia) interessò un’area di circa 17mila chilometri quadrati, causò 2.914 morti, diecimila feriti, circa trecentomila senzatetto, una settantina di centri disastrati, oltre 200 danneggiati.

Niente fu più lo stesso dopo il 23 novembre 1980. Uno spartiacque per i lucani, come l’«avanti» e il «dopo Cristo». Cambiò il modo di valutare le cose. Divenne evidente quanto una vecchia concezione del costruire avesse reso vulnerabili le vite di tutti. Mutarono i criteri di misurazione della sicurezza. Per le case e per le strutture pubbliche: scuole, ospedali, chiese. Obiettivo ancora da raggiungere, a 40 anni di distanza e a 600 milioni dal completamento della ricostruzione. Certo qualcosa è stato fatto, ma ancora oggi oltre 140mila lucani vivono in case che hanno sulle spalle cinquant’anni e più di vita. Palazzi costruiti negli anni ‘50 e ‘60, realizzati quindi con criteri, tecniche e materiali non antisismici. Insomma, solo dopo quel terribile evento si comprese - e pare una banalità - che tutti i lucani vivono su una terra a rischio sismico e che, per evitare (o almeno limitare) disastri e lutti, bisogna agire per tempo. Sul piano della sicurezza e della prevenzione. I circa 3.500 miliardi di vecchie lire utilizzati per la ricostruzione edilizia post-sisma ‘80 sono serviti a metterci al riparo dal rischio di crolli? È vero, oggi ci sono molte più abitazioni antisismiche in Basilicata, ma gran parte del patrimonio edilizio lucano continua ad essere «fragile». Nonostante sappiamo da tempo che con i terremoti bisogna conviverci. Ce lo dice la storia del sisma nel territorio lucano. Una storia offuscata, forse, dal desiderio di dimenticanza.

Il passato, su questo fronte, presenta molti «buchi neri»: il desiderio di ricostruirlo, di capire cosa è accaduto si è acceso solo dopo il disastro dell’80, quando, come dicevamo, i lucani presero coscienza di vivere in un territorio «ballerino», esposto da sempre al rischio sisma. Cerchiamo di fare il punto. Prima dell’anno Mille i documenti sono assai lacunosi, il che non vuol dire che l’attività sismica si sia concessa vacanze. In base alle ricostruzioni recuperate dalle ricerche storiche e scientifiche, viene fuori un dato significativo: «negli ultimi 1700 anni sono stati documentati circa 500 eventi sismici, a partire dal terremoto di Atella del 300 dopo Cristo». Lo affermava, in un suo studio, l’ingegner Maurizio Leggeri, del Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo.

Dopo il sisma del 300, con un «salto» di mille anni, si arriva all’evento del 1273 (colpita gran parte della Basilicata, con grandi distruzioni a Potenza); la forte scossa del 5 dicembre 1456 colpì Basilicata e Campania: danni soprattutto nel Vulture; 31 luglio 1561, fra le ore 23 e le 24, l’evento tellurico distrusse soprattutto Tito (cento morti), Balvano (11 morti), Pignola (8 morti): crollarono le case anche a Potenza, Avigliano e Ruoti; due terremoti si abbatterono sulla Basilicata il 1683 (uno dei quali il 23 agosto, dell’altro non si è riusciti a ricostruire la data); 9 febbraio 1688, una scossa violenta colpì l’area di Pisticci (paese distrutto e molte vittime: furono calcolate circa 2mila vittime); 8 settembre 1684 (ore 17.45), l’evento sismico è un fenomeno-fotocopia di quello del 23 novembre 1980: ci furono morti, feriti e crolli (a Potenza cedettero circa 300 abitazioni); primo febbraio 1826, furono colpite Potenza e Tito (ci furono numerose vittime e crolli di case, chiese, ospedali, strutture pubbliche); 20 novembre 1836, la terra tremò dal Melfese al Lagonegrese; 14 agosto 1851, una scossa disastrosa (lunga circa 40 secondi) colpì tutto il Vulture-Melfese, con echi nel resto della Basilicata: furono calcolati 671 morti e danni per un milione e 200 mila ducati; 17 dicembre 1857, ore 5.45, è uno dei terremoti più devastanti che abbiano colpito la Basilicata: fu devastata soprattutto la Val d’Agri (la terra ingoiò centri come Tramutola e Montemurro), ma anche Potenza e molti centri della provincia (9732 morti, 2071 feriti); il 23 luglio 1930 il sisma prese di mira il Vulture (ci furono morti e danni gravissimi); gli ultimi eventi tellurici lucani, quelli del 23 novembre 1980 (come già detto) e poi i sismi del 5 maggio 1990 e del 26 maggio 1991 (nel territorio di Potenza) e del 9 settembre 1998 nel Lagonegrese.

(foto Tony Vece)

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