Diario di classe
Ultimo giorno in classe il finale è aperto in attesa di ricominciare... da te
E dunque ci siamo, tra qualche ora il suono della campanella e anche quest’anno scolastico sarà alle spalle. Il tempo necessario per il collettivo e liberatorio urlo finale e che la festa abbia inizio
BARI - E dunque ci siamo, tra qualche ora il suono della campanella e anche quest’anno scolastico sarà alle spalle. Il tempo necessario per il collettivo e liberatorio urlo finale e che la festa abbia inizio.
Potrebbe riassumersi così questa fine d’anno, ma la fine come l’inizio ha sempre a che fare con il pianto. Anche quest’anno storie tante: alcune facce nuove, qualche piccolo capolavoro e anche qualche delusione, qualcuna più cocente di altre. Riporrò l’ultima foto di classe scattata qualche settimana fa in uno dei miei libri, scelti a caso volutamente, stando attenta a non conservarle mai l’una accanto all’altra per timore che ciò possa provocare dolore allo sguardo, almeno per me, perché gli anni della scuola hanno sempre a che fare con il tempo che passa con le rughe in più sulla faccia che ad ogni anno appare più stropicciata per via della vita fuori e dentro la scuola.
I loro volti sanno invece di primavera e di fioritura e del tempo che inizia. A me non piacciono i finali, li cancellerei dai romanzi, dai saggi. Cambierei quasi tutti i finali dei film che ho visto. Sopporto a fatica gli epiloghi. Ma sto imparando, col tempo, quanto sia necessario. Allora che sia un finale aperto, come la vita.
Come tutti gli anni mi commuoverò. Oggi in particolare per Matteo che l’anno prossimo si trasferirà in un’altra classe, abiterà un’altra scuola, un’altra città e persino un altro stato. È il prezzo da pagare per ricongiungere la famiglia. Ma Matteo è forte, ha spalle già grandi e troverà un modo per ricostruire il suo mondo, lo ha già trovato, quando parla della partenza mi dice che non è un addio ma un semplice arrivederci.
Quando sarò in vacanza penserò a Tala, ai divieti da rispettare, troppi. Ai tanti: - non puoi, non devi, non ti spetta, non è consono per una ragazza- che se potessi cancellerei come le scritte alla lavagna... E poi penserò a Christian. L’anno prossimo per lui nuova classe e nuova scuola alla ricerca di un posto che possa farlo sentire a casa, come evidentemente non è stata questa. Ricomincio da uno, da due, da tre... dipenderà da ognuno di noi. Certo ricominceremo, come diceva Troisi lasciando ciò che di buono abbiamo costruito, mantenendo il necessario. Il resto lo ricostruiremo daccapo.
Potrei raccontarvi che fa un certo effetto questa scuola vuota e silenziosa ma sarebbe pura finzione. Qui c’è ancora chiasso stamattina, risate e musica, tanta e diversa in ogni classe e ovunque c’è aria di festa. Io lo so, se chiedessi ad ognuno di voi cosa rappresenta l’ultimo giorno di scuola mi rispondereste: - liberazione! - ed è così, perché diventa ad un certo punto necessario riossigenarsi, riprendere fiato, cancellare la temuta valutazione, annullare il tempo della performance. Per qualche mese nessuno dovrà darti voti, nulla da giustificare con te stesso o con mamma e papà. Nessuna ansia per dimostrare di essere, perché ti diciamo che sei molto di più del voto di un compito o di una interrogazione, ma poi dovrai fare i conti con i voti in pagella.
Ma il tempo del giudizio/dei giudizi non finiscono mai ragazzi miei, bisogna solo imparare a gestirlo. Mai tanti appuntamenti mondani come per le prossime settimane: grigliate, pranzi di fine anno, serate in pizzeria, aperitivi con i colleghi. È il nostro modo di procrastinare la fine, perché diciamocelo non abbiamo alcuna voglia che si arrivi alla fine e dopo aver ripreso fiato dalle incombenze di fine anno, dalla infinita lista di adempimenti finali, dalla correzione dei compiti in classe, dalle riunioni e dalle verifiche, non vorremmo mai prenderlo da voi che siete parte integrante della nostra vita. La scuola crea dipendenza, non basta il suono della campanella per sbarazzarsene, rimane tatuata addosso.
Ieri ho partecipato come spettatrice, pensavo mio malgrado, ai saluti di fine anno di alcune classi del quinto che non conosco, ma neanche questo è bastato a proteggermi dalla commozione. Ho partecipato empaticamente ad ogni parola letta, ad ogni imitazione, ad ogni citazione. La scuola è partecipazione! Ma quante cose siamo per questi ragazzi? E quante cose sa essere la scuola? Bistrattata, criticata, anacronistica, cadente ma sempre casa.
Allora come dice Matteo questo è un semplice arrivederci, nessun finale da aggiungere se non il solito - A domani! - come ho ripetuto tutto l’anno ad ogni fine d’ora.
Già oggi, adesso, non vedo l’ora di ricominciare di nuovo e tutto daccapo.