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Papa Francesco e il potere del linguaggio

Emanuela Megli

Il pontefice ci invitava a disarmare le parole, poiché da esse, dipendono i nostri pensieri e le nostre azioni

Papa Francesco ormai in ripresa, qualche giorno fa, ci invitava a disarmare le parole, poiché da esse, dipendono i nostri pensieri e le nostre azioni. Non solo un invito ma una direzione sapiente, al disarmo del cuore, poiché il linguaggio è il modo di esprimere e di rappresentare la realtà, capace di influenzarla. Il linguaggio fa la sua prima comparsa intorno ai due anni di vita, in cui il bambino inizia ad interessarsi al linguaggio e a volerlo imparare. Riesce a cogliere l’aspetto simbolico delle parole e dei segni collegati agli oggetti, riuscendo a modificare il suo linguaggio conativo e affettivo in un linguaggio intellettuale. Al contempo lo sviluppo del pensiero è determinato dal linguaggio, dagli strumenti linguistici che ha acquisito attraverso il pensiero e l’esperienza sociale e culturale in cui vive. 

Il tema del pensiero e del linguaggio è stato approfondito dallo psicologo e pedagogista Russo Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934). Sappiamo che il pensiero non coincide totalmente con il linguaggio interiore, a cui le parole spesso non possono dare significato. Così come l’area del pensiero non è direttamente collegata al linguaggio. Queste due funzioni, pensiero e linguaggio si intersecano in quello che chiamiamo pensiero verbale, ovvero una generalizzazione in categorie che dà senso all’esperienza soggettiva individuale, includendo percezione e sensazione, che vengono anch’esse rappresentate in categorie intellettuali.  Ogni parola assume dunque un significato interiore o psicologico, che coincide con l’aspetto semantico e, uno esteriore fonetico che coincide con gli aspetti grammaticali della parola. Vygotskij ha avuto il merito di scoprire l’importanza delle funzioni psichiche superiori, della coscienza e dello spirito, ovvero di quei processi invisibili (rispetto a quelli visibili come riflesso e percezione), tra i quali il linguaggio interno, i movimenti interiori e le reazioni somatiche, quali veri responsabili delle azioni.

  Le parole che pronunciamo, a noi stessi e ad altri e quelle che ascoltiamo, producono un impatto su di noi, non solo per effetto della modellazione e dell’esempio basato sull’influenza, ma anche relativamente all’eco che esse agiscono sul nostro corpo e sul nostro stato d’animo, in un circolo vizioso tra generalizzazioni di categorie linguistiche, pensiero, emozioni e azioni. Le parole, dunque hanno un grande valore e un grande potere, prima di tutto su di noi e poi sulle persone con cui entriamo in relazione. Siamo ciò che diciamo, siamo le parole che scegliamo di usare e che influenzano i nostri pensieri e le nostre azioni. 

Dirlo con gentilezza, usare la punteggiatura in modo corretto perché il modo, lo stile, le pause, diventano il significato di una frase. E se fossimo una parola, che parola saremmo? E che parola sceglieremmo per dire chi siamo? Inizia da qui la scelta di chi vogliamo essere, dalle parole che ci diciamo, che usiamo e che scegliamo di dire. Le parole con cui iniziare a cambiare, per disarmarci e dire la pace. 

Quelle parole che attendiamo dal santo padre, che speriamo di vedere domani alla sua finestra del Gemelli per salutare i fedeli e diffondere speranza e cambiamento!

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