L'analisi
«Non possono più mandarmi studentesse belle come te» e interrompe la carriera
Quanta sporcizia ha assorbito questa ragazza, tanto da sentirsi essa stessa macchiata, dietro senso di vergogna per lui e per le aspettative di lui infrante, oltre alle avances non ricambiate.
Il problema accaduto alla tirocinante molestata, non è solo il fatto in sé di violazione del diritto personale, ma riguarda anche la conseguenza che ciò ha sul mancato disegno formativo e professionale della studentessa.
“Non possono più mandarmi studentesse belle come te” afferma il professore medico; che è come dire – se provassimo a spiegare la frase - che in fondo “sei tu che sei colpevole della tua bellezza, perché suscita attrazione, che mi provoca e se io non controllo i miei impulsi sessuali e non ho padronanza di me stesso, la colpa è tua. Che dovresti sparire, evitare di esistere, perché rappresenti un problema per la mia mancanza di educazione alla relazione con te come persona e non come oggetto di desiderio sessuale da conquistare, sedurre e manipolare a mio piacimento”. Se potessimo ascoltare il suo dialogo interno, il professore di medicina direbbe “in fondo lo so che sei sporca, che lo vuoi anche tu, che lo stai facendo apposta perché io ti salti addosso, che mi stai provocando, che mi stai creando disagio mettendoti davanti a me e provocando la mia eccitazione sessuale.”
E lei ha fatto finta di non sentire e di non capire, perché a causa dell’imbarazzo e della situazione inopportuna, con il rispetto che si deve in ambito professionale ad un superiore di grado, anche se sta abusando del suo potere, si preferisce negare a sé stessi e credere che non può essere così, che non sta accadendo veramente, che in fondo forse sta solo scherzando e che è innocuo. Se non addirittura convincendosi di essere sbagliata, di essersi vestita male, di aver potuto dare segnali sbagliati, perché questa è stata la sua educazione, attenta a non esporre troppo le sue fattezze e a non sembrare troppo bella, per proteggersi. E dopo la prima e la seconda volta che ha subito queste molestie sessuali, dopo aver mantenuto la parte della bella e scema del copione attribuitole da lui, ha deciso di anticipare la fine del tirocinio e parlare.
Ma quanta sporcizia ha assorbito, tanto da sentirsi essa stessa macchiata, dietro senso di vergogna per lui e per le aspettative di lui infrante, oltre alle avances non ricambiate. Quanti sensi di colpa a causa di probabili velate accuse a seguito delle richieste non accolte, camuffate da sorrisi languidi e finti? Come ci può sentire ad essere associati solo alla parte sessuale di noi stessi? Come se fossimo nudi, guardati come organi genitali ambulanti, liberi e fluenti esposti al pubblico ludibrio per il piacere di immaginare cosa farne, e a completa disposizione, senza valore, come un bene di consumo gratuito, come un cofanetto pieno di caramelle disposte su una scrivania in favore di chi vorrà prenderne e mangiare una.
E smettiamola di indignarci, immagini e doppi sensi sono sulla bocca di molti, adolescenti cresciuti ancora in crisi di astinenza da troppi stimoli sessuali surrogati, perché non conoscono l’appagamento della vera sessualità che si realizza in una relazione matura. Dipendenti da emozioni forti perché privi di senso e di valore di sé e della vita. Spesso devirilizzati da un uso sconsiderato della sessualità, come fosse un gioco genitale fine a sé stesso, slegato da un senso più profondo di riconoscimento della persona e della relazione.
Sono uomini che contano, questi, che prendono decisioni sulla vita di molti e nella società, in percorsi formativi di alta formazione, sono padri e sono mariti che avrebbero bisogno di curarsi. E noi abbiamo il dovere di curare i nostri figli, da un lato perché scoprano cos’è la relazione, dall’altro perché sappiano riconoscere gli abusi e sappiano gestirli senza che lascino ferite sulla pelle dell’anima e nei loro percorsi evolutivi personali e professionali.