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La leadership a partire da Alberta (Luisa Ranieri) nel film Diamanti
Il dolore non elaborato si trasforma in un armatura che imprigiona e congela l’affettività e l’autenticità dell’essere persona
La leadership è la capacità di guidare ispirando gli altri, al lavoro, in famiglia, nei gruppi e, nel film Diamanti la donna leader Alberta, interpretata da Luisa Ranieri, si presenta molto competente e determinata, intransigente e quasi sempre direttiva. Nonostante l’indiscutibile valore da lei attribuito al lavoro, alla bellezza dello stile e dell’arte creativa sartoriale, Alberta nasconde i suoi sentimenti e la sua generosità, facendo prevalere uno stile autoritario e a tratti dispotico nella gestione delle sue collaboratrici e dei loro bisogni.
Alberta, rinchiusa in un atteggiamento austero a causa di un dolore d’amore non elaborato, ottiene risultati e raggiunge gli obiettivi di lavoro anche con grande efficacia, tuttavia, nei momenti di complessità del lavoro e della vita delle collaboratrici, il suo stile viene messo in crisi e non consente di gestire lo stress delle richieste e dei tempi di lavoro, o di supportare i membri del team nei loro momenti difficili di vita quotidiana che inevitabilmente scivolano anche nella sfera lavorativa. Infatti, le problematiche di conciliazione vita lavoro di alcune dipendenti, trovano soluzioni che le vengono nascoste e portano queste a trovare rimedi “fai da te” inefficaci, con la complicità delle altre colleghe. La titolare, con questa direzione severa, rischia di perdere il polso della situazione reale perché si focalizza solo sul risultato aziendale e così facendo non solo non vede e non può risolvere i problemi del personale, ma non riesce nemmeno ad accedere alla forza interiore e alla motivazione che può spingere il gruppo a dare il meglio di sé, attraverso la propria ispirazione e i propri talenti.
Ma quando a stare male è la sorella e socia Gabriella, a causa del dolore della perdita della figlia e di un rapporto con la sorella Alberta mai sbocciato, la produttività di questa si riduce, fino al conflitto tra le due, che si risolve poi con un abbraccio strappato all’orgoglio, alla paura e al senso di colpa dell’una verso l’altra.
Da quel momento la loro relazione di socie, oltre che di sorelle, non è più la stessa, sono sintonizzate e complici, sono persone prima che imprenditrici, amiche oltre che sorelle. Il dolore non elaborato si trasforma in un armatura che imprigiona e congela l’affettività e l’autenticità dell’essere persona.
Questa relazione nuova trasforma loro due e trasforma le leadership di Alberta, che a sua volta contamina il gruppo di lavoro: lei ora vede le sue persone, le donne, le loro necessità complesse a trecentosessanta gradi e offre loro strumenti concreti e risorse per soddisfarle, perché se una persona sta bene in tutta la propria sfera affettiva, sta bene anche nel ruolo professionale. E per di più le dipendenti, allorquando si manifesta una necessità impellente dell’azienda, si impegnano lavorando spontaneamente ed oltre orario, perché a quel punto lavorare diventa un piacere, un progetto che risveglia il senso di vita, coinvolgendo abilità, talenti e motivazione profonda del gruppo.