Agil@mente
La genitorialità come dono genera figli sani e più forti
La relazione equilibrata di amore a sé stessi e agli altri si scopre in famiglia e si alimenta e si agisce poi dentro di sé
Recuperare il valore civico e sociale della genitorialità come responsabilità educativa e non come privilegio di generare e possedere figli. Considerare la possibilità di avere figli come un dono biologico e spirituale, onorando la loro presenza con l’amore e la rettitudine di un’educazione che tiene alta l’asticella del ruolo adulto, che si sacrifica, per aiutare a crescere, che non confonde le posizioni esistenziali entrando in simmetria relazionale, ma restando in alleanza complementare, adulto figlio. Dare seguito con le proprie scelte di vita alla decisione di aver voluto e desiderato un figlio, senza far ricadere su di esso la colpa di essere venuto al mondo, o peggio di sfruttarlo per necessità personali e individuali. Ricordare che un figlio non è una proprietà privata, ma un soggetto a cui garantire la tutela della sua salute e della sua crescita fino alla sua autonomia biologica, spirituale, sociale ed economica. Ma un figlio appartiene a sé stesso ed è libero. Ed anche dopo la sua indipendenza, un figlio necessita assistenza, cura e amore in varie fasi della sua vita, perché la sua indipendenza acquisita non è la scadenza di un contratto di lavoro a tempo determinato. Al contempo non ci può essere la pretesa che un figlio restituisca l’amore avuto, come avesse contratto un debito da saldare, ma grazie ad un’alleanza affettiva forte, si può sperare nella reciprocità del legame che considera l’interdipendenza della relazione familiare e valuta le necessità per prendersene cura.
I figli, inoltre, non sono trofei da esporre per compensare le proprie mancanze e prendere rivincite dalla vita, non sono elementi di un curriculum sociale da riempire per dare soddisfazione ai genitori e sentirsi a posto soddisfacendo il bisogno di rispettabilità sociale.
I figli sono creature generate per amore che hanno bisogno di cura amore e sacrifici (non una pretesa basata su un bisogno dell’adulto), non scelgono loro di essere messi al mondo e hanno il diritto di essere accuditi e amati teneramente con cura affettuosa, presenza, ascolto empatico, non possono sentirsi un oggetto di proprietà altrui, un problema o un pacco da spostare. I figli hanno bisogno di riconoscersi nello sguardo amorevole del genitore che è grato della sua presenza nella propria vita. Che gode della relazione e vive per essa, donandosi con e per amore di essa.
Spesso, parlando dei figli si percepisce il peso di educare, la fatica di allevarli, le scarse opportunità di supporto che ci sono nella società, soprattutto per le donne. Nonostante questa condizione impegnativa della genitorialità sia presente e necessiti il contributo sociale e politico, è necessario riportare al centro del dibattito il valore della genitorialità e della cura amorevole. Essa, pur chiedendo il sacrificio di altri ruoli, è l’opportunità di scoprire il valore del dono generativo e di onorarlo ogni giorno della propria vita, provando gratitudine e ricevendo un ritorno spontaneo e inaspettato di bene che offre un contributo alla crescita e sviluppo della persona.
In questo modo i figli crescono sotto uno sguardo d’amore e di stima che portano dentro di sé e che li accompagna allo sviluppo e crescita della loro identità e personalità. Questa stima sarà l’antidoto per le loro scelte potenzialmente sbagliate, in cui a causa delle influenze, potranno esporsi, più o meno consapevolmente. Perché conoscere il proprio valore umano e spirituale ed esercitare stima di sé, permette di desiderare e poi ottenere il meglio per sé stessi. Poiché se si impara a volersi bene e a rispettare sé stessi, è possibile riuscire a farlo anche con gli altri ed è possibile chiederlo agli altri, come base primaria della relazione stessa. La relazione equilibrata di amore a sé stessi e agli altri si scopre in famiglia e si alimenta e si agisce poi dentro di sé, anche nelle relazioni extra familiari e nella società